“De Gasparris non curat praetor”: Armando Spataro, ospite del centro culturale Cascina grande nella serata di mercoledì 6 ottobre, svia con una battuta l’inevitabile domanda del suo intervistatore, il giornalista Mario Portanova, in merito all’ultima polemica che lo ha visto recentemente protagonista, con le preoccupate esternazioni di Maurizio Gasparri alla notizia che proprio al pm milanese è stato affidato il coordinamento delle indagini per fare luce su quanto accaduto fuori dal portone di casa del direttore di “Libero” Maurizio Belpietro. Che il magistrato nato a Taranto nel 1948 non sia particolarmente amato dai berlusconiani è cosa nota (“Ci vuole un altro magistrato imparziale e autorevole. Spataro su vicende di questo tipo non garantisce obiettività nelle indagini...
Quindi mi auguro che la procura affidi ad altri il coordinamento delle indagini perché vogliamo la verità” – ha detto ai microfoni di “SkyTg24” lo scorso 3 ottobre il capogruppo del Pdl al Senato), ma il diretto interessato preferisce minimizzare: “Oggi sono dipinto come una ‘toga rossa’, del resto negli anni Settanta (quando si occupava di terrorismo di sinistra, ndr) mi davano del fascista…”. Altro era ad ogni modo il motivo della serata, ossia la presentazione della sua autobiografia professionale “Ne valeva la pena. Storie di terrorismi e mafie, di segreti di Stato e di giustizia offesa” (Laterza, Roma-Bari 2010), recentemente premiata a Capalbio e con un’ampia pagina dedicata alla vicenda Abu Omar: “Fu un vero e proprio sequestro, che mi lasciò una profonda amarezza verso le Istituzioni” – ha detto Spataro, che all’epoca dei fatti era coordinatore del dipartimento Terrorismo e si scontrò con il segreto di Stato applicato sia dal governo Berlusconi che da quello Prodi mentre stava cercando di indagare sull’operazione condotta nel 2003 da agenti della Cia con la collaborazione dei servizi italiani.
Un’occasione per ripercorrere 34 anni di attività (tra Brigate rosse e ‘ndrangheta trapiantata in Lombardia, terrorismo islamico e Mani pulite), ma anche per interrogarsi sui rapporti tra politica e Magistratura. Rapporti ultimamente ai minimi termini, come testimoniano le parole pronunciate l’1 ottobre davanti ad un gruppo di simpatizzanti dal premier Silvio Berlusconi: “Bisogna chiedere una commissione parlamentare che faccia nomi e cognomi per dire se all'interno della magistratura c'è, come credo io, un'associazione a delinquere; questo è il grave, grande problema che incombe sulla nostra politica e sul nostro Paese”. Impermeabile agli attacchi personali, Spataro non si tira indietro quando nel mirino finisce invece l’intera categoria: “Un magistrato – ha detto rispondendo a Portanova – ha innanzitutto il diritto e il dovere di esprimersi pubblicamente su questioni tecniche relative al suo mestiere, soprattutto oggi che viviamo in una falsificazione patologica della realtà. Ci vogliono invece continenza e chiarezza nell’esercizio del proprio ruolo: i nostri atti ufficiali non devono trasmettere i nostri pareri e sospetti. Ma quando il presidente del Consiglio accusa la Magistratura di essere un’entità criminale è un’altra cosa ancora, perché è l’intera categoria ad essere messa in discussione. Una questione non di poco conto perché autorevolezza e prestigio sono precondizioni per l’efficacia dell’azione di Giustizia. E ciò non è accettabile, per questo l’Associazione Magistrati ed il Consiglio superiore della Magistratura hanno il dovere di rispondere”.
Ma le risposte, per Spataro, non sembrano finora essere state adeguate alla situazione: “Anche il capo dello Stato – ha argomentato – dovrebbe far sentire la propria voce in un momento come questo. Trovo incomprensibile il silenzio su dichiarazioni che paragonano la Magistratura a criminalità organizzata”.
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