Di questi tempi, le orecchie devono essere fischiate loro parecchio. Roberto Zappia e Maurizio Obino, i due rappresentanti di “Pieve che verrà”, e Marisa Bozzini, l’ex assessore al Commercio, rispondono alle parole con le quali l’assessore Domenico Scordia ha ricostruito le vicende che hanno portato all’allontanamento dalla maggioranza dei due consiglieri.
“Sono tutti concentrati su me e Obino – esordisce Zappia -, non pensano che ci sono cose più importanti di cui occuparsi per il bene della città?”...
Candidato sindaco di Forza Italia sconfitto nel 2002 da Francesco Argeri, Zappia nel 2006 aveva avanzato nuovamente la propria candidatura in seno al partito ma, nella sua ricostruzione, si era trattato di una manovra per arginare le mire dello stesso Scordia in attesa di individuare un nome in grado di mettere d’accordo tutti. Poi, si era sfilato da Forza Italia per lavorare ad un nuovo progetto politico: la lista civica “Coraggio, cambiamo!” che aveva infine espresso il candidato sindaco del 2007, quel Rocco Pinto sul quale presto c’era stata la convergenza di tutti i partiti di centrodestra e che aveva ottenuto una storica vittoria. “Volevamo – spiega Zappia – valorizzare le potenzialità e le risorse del territorio, indipendentemente dalla loro provenienza politica”. Progetto che ancora prima di partire aveva dovuto confrontarsi con altre istanze.
Già la composizione della Giunta, avvenuta in extremis nella notte del 13 giugno 2007 (la scadenza era fissata per il 14) fu infatti decisamente complessa: l’accordo firmato prevedeva la nomina di Marisa Bozzini ad assessore al Commercio, ma nel contempo impegnava a “procedere celermente alla modifica dello Statuto comunale onde consentire la sostituzione degli assessori indipendentemente dal sesso”. Ulteriore vincolo, la nomina a Presidente della commissione Affari istituzionali dello stesso Zappia. Ma per i diretti interessati il senso del documento non è univoco: pur essendo già sottoscritto da tutti i leader e giungendo in zona Cesarini, non reca nemmeno ancora i nomi delle altre due donne che sarebbero poi divenute assessori, Lucia De Curtis e Carla Prencipe, a testimonianza di una difficoltà (per usare un eufemismo) con le quote rosa che poteva far vedere di buon occhio a tutti una modifica dello Statuto.
Superato lo scoglio della formazione della Giunta, iniziò l’esperienza di Governo: “Il sindaco, espressione di una lista civica e della società civile, si rivelò ben presto – prosegue Zappia – fin troppo attento alle esigenze dei partiti tradizionali. Avrebbe dovuto governare le spinte che giungevano ma quando noi di ‘Coraggio, cambiamo!’ gli chiedevamo conto dei suoi atteggiamenti, rispondeva che erano i numeri in Consiglio comunale a determinare il ruolo predominante di An e Forza Italia in certe scelte”.
Particolarmente attiva in questa gestione partito-centrica dell’Amministrazione sarebbe stata An, o meglio la corrente rappresentata da Giuseppe Milone eFrancesco Santoro. E qui la storia di Zappia inizia a mescolarsi a quella di Obino: “Ero formalmente segretario del circolo – spiega – ma le scelte erano tutte in mano a loro due. Fui escluso all’ultimo dal lotto di assessori e denunciai a livello provinciale le difficoltà a svolgere il mio ruolo, ma non servì a niente. Anche quando Milone si dimise dal Consiglio ed io presi il suo posto, le decisioni continuarono ad essere prese altrove”.
Si giunse al febbraio 2009 ed alle prime dimissioni della Bozzini: “Quanto raccontato da Scordia – spiega la donna – è evidentemente privo di ogni logica. Se la mia presenza in Giunta fosse stata esclusiva volontà di Zappia e non di tutta la maggioranza, sindaco compreso, non mi spiego come mai il sindaco, alcuni assessori e moltissimi consiglieri comunali mi pregarono di rientrare in Giunta”. “Il ragionamento di Scordia non tiene – incalza Zappia -: se il piano fosse stato ‘mettere il naso dappertutto’ attraverso la Bozzini, lei sarebbe rimasta a qualsiasi costo in Giunta. Di contro, nel momento in cui si dimetteva, se avessi voluto prendere il suo posto avrei potuto in quel momento cambiare il regolamento e divenire io assessore”. “A quel punto, ne avrei potuto approfittare anche io – aggiunge Obino, pensando all’assessorato in quota An della Prencipe – oppure avrei accettato un ruolo in Ape, come mi era stato proposto per lasciare il mio seggio in Consiglio. Insomma, se, come dicono, siamo animati solo da sete di poltrone, di occasioni ne avremmo potute cogliere diverse”.
L’allarme Bozzini, almeno per qualche mese, invece rientrò con l’affidamento alla donna di un’ulteriore delega, quella per l’Attuazione del programma, ma i tempi erano ormai maturi per la nascita della nuova realtà, “Pieve che verrà”, che convogliava i “mal di pancia” di Zappia e Obino verso i partiti al governo, ma non solo: “Il sindaco diceva di essere vincolato dai rapporti di forza in Consiglio – spiega Zappia -. Bene: il nostro gruppo consiliare era l’occasione perfetta per lui per venirne fuori”. L’atto costitutivo del gruppo misto è datato 26 marzo 2009 ed ha una storia interessante: intanto perché fu redatto proprio nelle stanze di Rocco Pinto, in sua presenza. E poi perché portava in calce i nomi di altre due persone, oltre a quelle di Zappia e Obino: quelli di Germano Orlando e di Luigi Angelone. Con quattro consiglieri, “Pieve che verrà” avrebbe dato al sindaco una maggioranza ancora più solida di quella uscita dalle urne e soprattutto gli avrebbe assicurato una guardia di fedelissimi per bilanciare numericamente le spinte di An, FI e Udc, seguendo la barra ideale del programma politico del 2007. Ma il progetto riuscì solo a metà: Orlando, fuoriuscito da Forza Italia, vi fece ritorno dopo appena una settimana. Angelone, Pd ex-Margherita, ha nei fatti preferito rimanere autonomo costituendo il gruppo “Insieme per Pieve”. E l’appoggio di Pinto alla nuova creatura è stato piuttosto tiepidino.
Da quel momento si può dire che la situazione è costantemente peggiorata. Bozzini: “Appena una settimana dopo la mia nuova delega all’Attuazione del programma, due assessori fecero sapere che non mi avrebbero mai permesso di svolgere il mio naturale ruolo di controllo, per il quale avevo chiesto ovviamente la collaborazione di tutti. Poco dopo sarebbe esplosa la vicenda del magazine della Consulta dei commercianti, che portò alle mie definitive dimissioni”. Nel frattempo Zappia e Obino scoprirono che “non eravamo più invitati alle riunioni di maggioranza, che svolgevano ormai a nostra insaputa. Questo mentre noi reclamavamo più spazi avendo gli stessi consiglieri di An, che vanta numerosi assessorati e presenze nei CdA. Ma le nostre richieste si sono infrante, mentre il sindaco ha iniziato a considerarci pubblicamente parte dell’opposizione”. “Ma chi è che a questo punto – si chiede Zappia –sta tradendo la società civile? Chi ne ha fatto fuori tutti i rappresentanti per appoggiarsi completamente ai partiti? Perché il sindaco si tiene la delega all’Attuazione di programma, divenendo di fatto controllore di sé stesso, invece di scegliere un assessore tra i candidati con ‘Coraggio, cambiamo!’ di tre anni fa?”
“Come andrà a finire questa vicenda? Non arrivano alla fine – sentenzia l’avvocato Zappia -, i rapporti interni si sono fatti troppo difficili. E ci sono già troppi candidati sindaci che si vogliono mettere in mostra da qui ai prossimi due anni. Tra questi, certo, anche Pinto, che sarebbe più onesto si candidasse per il Pdl. Io? Io sono stufo e disgustato dalla politica”.
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