mercoledì 8 settembre 2010

Rozzano - Padre Fulbert e le cure (quasi) impossibili

Tutti i documenti in regola e persino un visto della Santa Sede. Ma per padre Fulbert, prete congolese vittima di un grave incidente d’auto lungo la disastrata strada che collega Kinshasa a Boma, è stato decisamente complicato riuscire a giungere fino a Milano, dove presso l’ospedale Galeazzi è stato operato dal professor Simone Luraghi per recuperare l’uso degli arti inferiori...
 

E per Stefano Apuzzo, presidente di Pro Africa Onlus, l’associazione che assieme alla Casa Cardinal Colombo – Sarepta si è attivata un anno fa per prestare soccorso al prete, il motivo è molto chiaro: “Si è trattato - ha dichiarato l’assessore rozzanese - della applicazione pratica della politica del muro di gomma e del respingimento delle richieste di ingresso legale in Italia, voluta dal nostro Governo. La chiusura delle frontiere nei confronti di chi intende entrare legalmente in Italia agevola la clandestinità e il ricorso a metodi illegali di ingresso. Con l’acqua sporca degli ingressi clandestini, il Governo italiano sta buttando anche il bambino nelle vesti di persone realmente bisognose che intendono entrare (e ri-uscire) nel nostro Paese rispettando la legge. Le sedi diplomatiche italiane nei Paesi di forte emigrazione hanno l’ordine di non accettare nessuna richiesta di visto! Così si respingono non i delinquenti, bensì i missionari, i preti, i minori bisognosi di cure”. Così infatti era inizialmente accaduto anche per padre Fulbert, cui l’ambasciata d’Italia in Congo aveva negato l’ingresso nel nostro Paese per ottenere le cure mediche, di cui già si era fatta carico Regione Lombardia tramite la Direzione Sanità. L’ostacolo è stato letteralmente aggirato grazie al visto Schengen, che ha permesso al religioso di giungere in Europa attraverso il Belgio e di arrivare quindi in Italia, dove è stato sottoposto ad intervento chirurgico. Nel Paese africano, padre Fulbert collabora con Pro Africa onlus nella conduzione dell’ospedale “Madonna del Manto”, realizzato nel 2008 a Boma, una delle città più povere del Congo.

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