giovedì 27 maggio 2010

Cesano - Se il nucleare solo è un'illusione

Il dibattito sul futuro energetico in Italia assume spesso – e troppo – contorni ideologici e politicizzati. Chi considera il nucleare inevitabile da una parte, chi della questione nucleare non vuol nemmeno sentir parlare, nel ricordo del disastro di Chernobyl. Il quale, va precisato, non è tuttavia solo un episodio tragico di 24 anni fa e confinato nel passato ma ha conseguenze anche oggi a partire da quelle 200 mila tonnellate di materiale radioattivo ancora da sistemare (visto che il sarcofago che le contiene è obsoleto e va rifatto ma non ci sono i soldi). E non parliamo della salute delle popolazioni: mentre ancora oggi si discute sul numero effettivo dei morti del 1986, malformazioni e malattie fanno parte della vita quotidiana di ucraini, russi e bielorussi...

Detto questo, c’è anche un altro modo di dibattere. A partire dai dati, i numeri, la convenienza economica. È quanto hanno fatto Sergio Zabot e Carlo Monguzzi nel libro “Illusione nucleare”, edito da Melampo, di cui hanno parlato a Cesano Boscone ieri sera in un incontro organizzato dal periodico “L’Incontro” e il circolo Legambiente “Abete Rosso”, con l’adesione di numerose associazioni. Una serata che ha superato le aspettative per numero dei partecipanti (ma non deve sorprendere, l’argomento oggi è tornato ad essere molto sentito).

“Diamo risposte documentate alle menzogne che ci vengono propinate quotidianamente”, dicono gli autori.
Quali? Che l’energia nucleare abbia risolto i problemi di sicurezza, che sia pulita, illimitata e di basso prezzo.
Niente di tutto ciò. La situazione potrebbe cambiare se diventasse concreta la possibilità del nucleare di quarta generazione (che secondo il premio Nobel Carlo Rubbia affronta alla radice molti problemi legati a sicurezza e gestione delle scorie). Ma oggi ancora non c’è nulla di concreto. E non è questo il nucleare che il nostro Governo intende realizzare nei prossimi anni con quattro nuove centrali.
Entriamo nel merito solo di qualche aspetto toccato dagli autori del libro.

I costi dell’energia per le nostre tasche
“Il costo del kwatt prodotto dal nucleare è più alto di quello prodotto dal gas, quindi non è vero che col nucleare la bolletta sarà più bassa”, dice Monguzzi. Ma perché paghiamo più dei francesi? “Abbiamo il 30% di tasse in più, gli oneri di sistema per lo smaltimento delle vecchie centrali nucleari, la ricerca e una parte, il 10%, per fonti rinnovabili e soprattutto assimilati, ossia per l’energia elettrica prodotta dagli inceneritori”.
Il costo elevato dipende però anche dalla poca concorrenza del settore – la liberalizzazione c’è ma l’operatore dominante resta Enel – dalla scarsa efficienza degli impianti, dall’elevato uso del petrolio e da un meccanismo poco noto, chiamato Borsa elettrica italiana (Ipex) che fa gonfiare le bollette: è organizzata su base oraria, negoziata in quantità diversa ogni ora in base a previsioni statistiche di fabbisogno. A dettare legge non sono domanda e offerta ma un altro meccanismo che conduce ad assegnare alle offerte il prezzo di quella più elevata, quasi sempre è di Enel, ma alla fine ne traggono vantaggio anche gli altri operatori. Ci guadagnano tutti tranne che il cittadino.

La produzione di CO2.
Si dice che il nucleare sia “pulito”. Ma i dati lo smentiscono. Solo per estrarre, arricchire e produrre il combustibile di uranio le emissioni di CO2 sono talmente elevate da essere confrontabili con le emissioni di un impianto convenzionale. E c’è poi quella prodotta per le attività di post-produzione, la chiusura dell’impianto fino alla sistemazione definitiva delle scorie nei siti geologici definitivi (che oggi nessuno ha ancora trovato).
Da non sottovalutare nemmeno la complessità per costruire una centrale – operazione che richiede almeno 10 anni – con i costi, le responsabilità, la manutenzione. E il macigno della gestione delle scorie radioattive, dalla sistemazione dell’uranio scartato (impoverito) allo stoccaggio temporaneo del combustile, la sistemazione finale delle scorie, la riqualificazione delle aree. Al di là della sicurezza quanto consumo di acqua, elettricità, anidride carbonica, altri gas a effetto serra comporterebbe?

Quali alternative?
 “Occorre cambiare modello”, sostiene Monguzzi, “per esempio considerare le fonti fossili come integrazione alle fonti rinnovabili e non il contrario. Importante, l’uso razionale dell’energia, l’efficienza, il risparmio, sono risorse, e quindi perché non correlare il prezzo dell’energia non sul consumo ma sullo spreco?”.
Monguzzi ha insistito anche sulla “generazione distribuita”, un modo di produrre e distribuire energia basandosi non più su pochi grandi impianti ma integrando e connettendo alla rete di distribuzione elettrica miriadi di impianti di cogenerazione piccoli o medi che usano fonti rinnovabili. Utopia? Meglio che l’illusione nucleare. 

2 commenti:

  1. Non mi trovo d'accordo su tutto con i relatori, ma credo che la serata meriti un plauso perché é stata ben organizzata e le due persone erano preparate.

    RispondiElimina
  2. Simone su cosa non sei d'accordo? L'altra sera abbiamo sentito in fondo una sola campana (ed era questo legittimamente lo scopo di Legambiente), ma è interessante sentire una voce differente.

    RispondiElimina