“Quella mattina sono arrivato a scuola, l’atmosfera era di normalità assoluta, ma io ero sconvolto dalla notizia e in classe ho proposto ai ragazzi di non fare lezione e parlare del giudice Falcone e delle vittime della mafia”.
Era il 23 maggio 1992, diciotto anni fa moriva il giudice Giovanni Falcone, con la moglie e la scorta. Il professore Francesco Francica, da poco in pensione (e da giugno dell’anno scorso assessore al Bilancio del Comune di Cesano Boscone) ricorda con queste parole agli studenti dell’Itc di Corsico gli avvenimenti di quei giorni. Lo racconta a ragazzi che oggi frequentano la quinta e allora avevano solo tre anni. Oggi però stanno per diplomarsi in un istituto tecnico intitolato proprio a Giovanni Falcone. Un istituto che lo ricorda ogni anno perché fin da quella strage si decise di lavorare per la legalità e la lotta alla mafia.
Quest’anno sabato 22 maggio i ragazzi di quarta e quinta si sono riuniti insieme ai professori, al preside Dario Manzo e ai sindaci di Corsico e Cesano Boscone, Maria Ferrucci e Vincenzo D’Avanzo, che hanno voluto testimoniare la presenza delle istituzioni a difesa della legalità in un territorio come il nostro certamente non immune dal fenomeno mafioso. All’Itc ne erano consapevoli fin dai primi anni Novanta, fin da quando a pochi mesi della strage di Capaci ottennero l’intitolazione dell’istituto a Giovanni Falcone e furono tra i primi in Italia (vedi sotto)...
Agli interventi degli ospiti si sono alternate letture proposte dagli studenti della Compagnia teatrale della scuola, tratte da “La parola contro la camorra”, di Roberto Saviano. D’altra parte all’importanza della parola, della testimonianza, della libertà di espressione si è richiamato più volte il preside, citando anche la Costituzione, il testo fondamentale della Repubblica, la “res publica”, cosa di tutti, contrario di “cosa nostra”.
“La mafia”, ha sottolineato il preside dell’istituto Dario Manzo, “non riguarda solo la giustizia e le forse dell’ordine: è importante la cultura della legalità”. E tra i suoi compiti la scuola ha quello di testimoniare ai ragazzi il senso della legalità e del rispetto delle leggi, in modo tale che il rifiuto di comportamenti mafiosi e contrari alle leggi nasca fin dai banchi di scuola, nelle relazioni tra gli studenti: “Se ci sottomettiamo alla cultura mafiosa perdiamo la libertà, e se la esercitiamo sugli altri, li trattiamo come strumenti, oggetti”, ha affermato Maria Ferrucci che ha insistito sull’importanza di “metterci la faccia”, dire no, impegnarsi. Proprio per questo la sindaca e la Giunta venerdì 14 maggio hanno partecipato al convegno “La legalità come fattore di sviluppo delle democrazie e della competitività”, proposta da “Avviso pubblico”, organizzazione di enti locali impegnati contro le mafie. Un'occasione per confrontarsi con il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, procuratore aggiunto presso la Dda di Reggio e un’opportunità
per conoscere da Tano Grasso, dell'associazione nazionale anti racket, gli strumenti di contrasto, ma anche di prevenzione per un'economia libera, e per conoscere le caratteristiche della nuova tangentopoli da un protagonista che l'ha contrastata negli anni Novanta, il consigliere della Corte di Cassazione Piercamillo Davigo. Con la conclusione di don Ciotti, che è stata un po' un appello a risvegliare le coscienze. “Solo diffondendo una cultura delle legalità e unendo le forze – sottolinea la sindaca, Maria Ferrucci – potremo riuscire a creare una barriera che possa impedire alla criminalità organizzata di insinuarsi nei gangli delle istituzioni e dell'economia locale, procurando così un danno enorme ai nostri territori. L'illegalità, come è stato sottolineato nell'incontro, nega lo sviluppo ed è una privazione della propria libertà. Occorre una cultura della legalità che si diffonda in ogni ambito della società civile, alla quale le istituzioni – precisa la sindaca – non devono far mancare mai il proprio sostegno”.
“Voi potete svegliare le coscienze vostre e degli italiani per non avere ancora bisogno di eroi come Falcone e Borsellino”, ha detto ai ragazzi il sindaco D’Avanzo.
Giovanni Falcone, nato a Palermo nel 1939, entrò in magistratura nel 1964. Dopo essere stato pretore a Lenoni e pubblico ministero e giudice a Trapani, fu dal 1978 al marzo 1991 a Palermo, come giudice istruttore e procuratore della Repubblica aggiunto. Nel marzo 1991 fu nominato direttore generale degli Affari Penali del ministero di Grazia e Giustizia. E’ stato assassinato il 23 Maggio 1992.
Finalmente l’I.T.C di Corsico esce dall’anonimato… L’istituto ha assunto la denominazione di “Istituto Tecnico Commerciale Giovanni Falcone”.
Gli organi collegiali, dal Consiglio d’istituto al collegio dei docenti, dopo un ampio dibattito si sono espressi in questo senso. Ma perché una scuola viene intestata a Giovanni Falcone? Per poterne apprezzare pienamente il significato dobbiamo capire almeno due cose fondamentali.
La prima è rappresentata dall’importanza che il giudice ha avuto nella lotta alla criminalità organizzata e alla mafia, per averne lui per primo compreso la struttura verticistica e i vari livelli (militare – decisionale – politico) e per avere condotto, insieme al giudice Paolo Borsellino, una lotta senza quartiere sfociata nei maxi processi. Se a qualcuno venisse anche un piccolo dubbio in questo senso, basti pensare alla fine che la mafia gli ha riservato per capire quanto efficace era stata questa lotta.
L’altra ragione è meno roboante ma per noi molto importante. La mafia non è una struttura regionale e non esiste solo in Sicilia; è invece una multinazionale del crimine con tentacoli ovunque. Anche il nostro territorio non ne è immune. Infatti, anche noi abbiamo assistito al proliferare del fenomeno mafioso attraverso la crescita dell’infame commercio della droga e all’aumento di fatti criminosi. La mafia è riuscita anche ad insinuarsi perfino in pezzi dello Stato, e in comuni importanti, come la stessa città di Milano, o come il bacino della nostra utenza scolastica, che abbraccia un ampio comprensorio che va da Corsico ad Assago, a Cesano Boscone, a Buccinasco, a Trezzano sul Naviglio e Gaggiano. Questo è un bacino di facili appetiti mafiosi e criminali rispetto ai quali noi abbiamo inteso fare, a noi stessi, la solenne promessa che la mafia non passerà.
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