"Gli imprenditori saranno ancora più omertosi in futuro perché anche se denunci, nessuno ti protegge". Lo ha dichiarato Maurizio Luraghi, imprenditore edile accusato di associazione di stampo mafioso nel processo sulle infiltrazioni del clan Barbaro-Papalia nel settore del movimento della terra nei cantieri di Milano, dell'hinterland e in particolare di Buccinasco. Durante la requisitoria, lo scorso 30 marzo, il pm Alessandra Dolci aveva lamentato l'omertà di imprenditori e testimoni. Ieri (27 maggio), nell'udienza in cui era prevista la sentenza dei giudici della settima sezione penale, Luraghi risponde, rilasciando dichiarazioni spontanee...
"Io sono qua imputato - ha detto – solo perché mi hanno messo una cimice in macchina. Se l'avessero fatto con altri imprenditori sarebbe successo lo stesso". Luraghi ha raccontato di aver "subito 15 attentati a escavatori e mezzi. Voglio vedere come facevo a non far lavorare quella gente. Quando ho denunciato le intimidazioni, i carabinieri mi hanno detto 'È morto qualcuno?'". È lo Stato, ha proseguito, "che deve sapere come questa gente possa avere partite iva, aziende, garanzie e mutui. Troppo facile è per loro farci la concorrenza". Quindi ha concluso, dicendo di sentirsi "uno che viene condannato perché non ha denunciato". La sentenza è prevista per l'11 giugno (Fonte: Omnimilano).
"Io sono qua imputato - ha detto – solo perché mi hanno messo una cimice in macchina. Se l'avessero fatto con altri imprenditori sarebbe successo lo stesso". Luraghi ha raccontato di aver "subito 15 attentati a escavatori e mezzi. Voglio vedere come facevo a non far lavorare quella gente. Quando ho denunciato le intimidazioni, i carabinieri mi hanno detto 'È morto qualcuno?'". È lo Stato, ha proseguito, "che deve sapere come questa gente possa avere partite iva, aziende, garanzie e mutui. Troppo facile è per loro farci la concorrenza". Quindi ha concluso, dicendo di sentirsi "uno che viene condannato perché non ha denunciato". La sentenza è prevista per l'11 giugno (Fonte: Omnimilano).
Stesura di un’autodifesa da parte di un imputato in un processo che riguarda la malavita organizzata: un pezzo discutibile, che può o meno piacere.
RispondiEliminaNon condivido queste autodifese senza una descrizione compiuta del contesto, senza aver sentito l’altra campana: l’accusa, con le sue motivazioni.
Condivido ancor meno che la persona si autodefinisca imprenditore.
L’imprenditore non ha bisogno di chiedere favori e ancor meno di farne: se per lavorare in proprio ha di questi comportamenti utilizzi un altro termine; faccio parte della categoria ed a me viene in mente il piemontese “trèmacùa”.
Ciò detto (premessa che rimane), alle interrogative ipotetiche che pone l’interessato, è bene che una risposta venga data; da chi ha steso il pezzo o dalle strutture chiamate in causa.
Interventi e precisazioni importanti perché un titolo come quello esposto rischia di essere letto dal comune cittadino come un avvertimento: se non voglio guai è meglio che stia zitto e faccia finta di nulla; perché dopo resto solo e posso subirne danni.
Quindi il cittadino comune può finire per mettere in secondo piano il suo dovere di Cittadino verso la comunità, e fa prevalere la paura. Così le organizzazioni criminali vincono.
Lasciando fuori il caso specifico (l’attendibilità di queste dichiarazioni consiglia una tara consistente), direi che dalle istituzioni ci si debba aspettare una replica puntuale e minuziosa sulle garanzie riconosciute e sugli interventi che tutelano il Cittadino che si comporta come tale denunciando fatti o circostanze alle quali ha assistito o di cui è venuto da fonte attendibile a conoscenza.
Far conoscere e diffondere queste garanzie e supporti verso il Cittadino esemplare dà più sicurezza e convinzione per comportamenti virtuosi, aumenta la propensione al civismo, riduce il senso di paura e l’organizzazione criminale vede ridursi il suo potere, gli spazi di condizionamento sul territorio.
Poi, ma non è di tutti e si può capirlo, esiste la propria sfera, la considerazione che ciascuno ha di sé; del valore cui si attribuisce a se stessi.
Vi sono ambiti nei quali la dignità di uomo non ha prezzo: “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”: proverbio basco, che a me ha sempre colpito e tuttora fa meditare.
Si tratta di un pezzo di cronaca, una dichiarazione interessante tratta da una fonte autorevole. Condividiamo gran parte di quello che lei ha scritto ma le facciamo notare che si tratta di un episodio singolo e di un certo rilievo che non può comunque farci sentire in obbligo di ripercorrere ogni volta la storia della criminalità nel nostro Paese. Anche il titolo ci pare più una denuncia che un invito alla rassegnazione. Che poi tocchi a noi addirittura dare una risposta agli interrogativi sollevati ci pare francamente chiedere molto se non troppo. Abbiamo ovviamente una ben precisa opinione in merito e l’abbiamo più volte espressa in merito alla legalità, ma non crediamo di avere né la possibilità né il ruolo che ci permetta di sostituirci alle istituzioni, né ci si può chiedere di assumerci responsabilità che vanno oltre le nostre competenze e i nostri “poteri”.
RispondiEliminaSioNo voi avete un potere fondamentale: dire la verità!
RispondiElimina??? non ha capito bene il commento dell'Anonimo qui sopra...
RispondiEliminaForse siamo d'accordo sulla sostanza: la stampa non può sostituirsi alle istituzioni.
RispondiEliminaDifatti ciò che chiedo è : "... dalle istituzioni ci si debba aspettare una replica puntuale e minuziosa sulle garanzie riconosciute e sugli interventi che tutelano il Cittadino che si comporta come tale denunciando fatti o circostanze alle quali ha assistito o di cui è venuto da fonte attendibile a conoscenza."
Ad esser più chiaro: troppo spesso Dia, Polizia e Carabinieri eccedono nel silenzio, sembra immotivatamente e comunque con una carenza comunicativa che lascia soli i Cittadini, nella stragrande maggioranza amanti l'ordine, del rispetto delle regole.
Ciò stabilito confermo infelice il titolo e peggiore la foto che lo accompagna: nella comunicazione certi messaggi possono fare molto male (anche senza volerlo).
Ma questa è una mia valutazione, non una sentenza di tribunale.
Gentile Luigi,
RispondiEliminanon entro in merito nel testo del titolo o dell'articolo (tra l'altro preso da un'agenzia autorevole) perchè non è di "mia penna".
Sulla scelta della foto voglio invece risponderle poichè è stata inserita da me.
Non era mia intenzione far passare il messaggio "meglio stare muti altrimenti sono guai". Anzi, l'intenzione era l'esatto opposto, non poco provocatoria e, riprendendo proprio il titolo del post, di denuncia.
E' palese quanta omertà ci circondi e quanti stiano "zitti, altrimenti..."
Le istituzioni devono tutelare le persone che decidono coraggiosamente di (riprendendo la foto) aprire la cerniera.
Spero non sia stata letta così anche da altri lettori. Se così fosse me ne scuso.
Probabilmente il tutto un po' per "deformazione professionale": abituato a cercare messaggi pubblicitari che colpiscano ho creato involontariamente l'equivoco.
Grazie cmq per la segnalazione costruttiva
Quando si esaminano le questioni senza pregiudizi e in modo costruttivo, si finisce sempre per capirci di più; si individua il terreno comune sul quale si lavora.
RispondiEliminaUna stretta di mano, Andrea.