venerdì 21 maggio 2010

Rozzano - Doppiopetto e cocaina: ecco la ‘ndrangheta 2.0

Più della mafia, fiaccata dalla guerra contro lo Stato, più della camorra, i cui traffici internazionali convergono tutti sul limitato territorio della Campania, è la ‘ndrangheta l’organizzazione criminale che meglio ha saputo “cogliere le sfide” della globalizzazione e della new economy del terzo millennio. Per questo, pur se con tempi e modalità diverse, i governi occidentali l’hanno individuata come la più pericolosa delle mafie, unica ad essere equiparata negli Stati Uniti alla minaccia delle organizzazioni terroristiche...


Altrove, questa consapevolezza è giunta per altre vie: la Germania ha “scoperto” la ‘ndrangheta nel 2007 con la strage di Duisburg provocata dalla faida di San Luca, ma è dalla ricostruzione dopo il secondo dopoguerra che le famiglie operano con profitto in terra tedesca. E l’Italia? Anche qui la pervasiva infiltrazione della criminalità organizzata ed i suoi meccanismi faticano ad essere raccontati. Da questi spunti è nato il libro “Mafia Export”, scritto da Francesco Forgione, già presidente della commissione antimafia nel precedente governo Prodi, invitato dall’associazione Rozzano Rossa a trattare di questi temi nella serata di giovedì 17 maggio nell’aula magna dell’istituto Calvino.  
Un libro che racconta delle storie, basate su atti e documentazioni, per ricostruire attraverso alcune biografie “esemplari” le dinamiche che hanno portato la ‘ndrangheta ad essere una potenza economica di livello mondiale. Merito soprattutto di una mentalità nella quale coppola e doppiopetto convivono armoniosamente, e di una penetrazione nel tessuto sociale che non si misura nella violenza e nello spargimento di sangue ma nella permeabilità dei consigli di amministrazione delle grandi aziende e della politica. Ed ancora, di una affiliazione basata esclusivamente sui legami di sangue: nessuno è disposto a tradire un proprio familiare ed infatti i pentiti di ‘ndrangheta sono delle mosche bianche. Più una vocazione imprenditoriale spiccata, un autentico fiuto nell’interpretare il proprio tempo. E l’esempio proposto da Forgione è significativo, anche perché coinvolge indirettamente il territorio di Rozzano. Si era nei mesi precedenti l’adozione dell’euro da parte dei Paesi della Comunità ed una cosca originaria di Cosenza decise di puntare su un affare assai redditizio: produrre e mettere in circolo una gran quantità di marchi falsi, sapendo che ben presto le banche tedesche avrebbero dovuto trasformarli in breve tempo in euro. Veri. Le indagini degli inquirenti portarono dalla Germania alla provincia milanese: proprio Rozzano era indicata come uno snodo cruciale, forse un grande centro di smistamento, forse addirittura la stamperia del denaro falso. Il core business della criminalità organizzata resta comunque la cocaina ed il perché è presto detto: “Un coltivatore in Colombia – ha spiegato Forgione – guadagna 1.200 euro al chilo vendendo cocaina. Attraverso i vari passaggi, quando la coca arriva sul mercato italiano, i chili sono nel frattempo diventati quattro perché la sostanza è meno pura. Ed ognuno dei quattro chili vale 50mila euro”.
I conti sulle dimensioni del profitto sono presto fatti. E se è vero che solo il 40 per cento dei proventi dello spaccio serve a nutrire il sistema, è evidente che il restante 60 per cento confluisce nel mercato dell’economia “legale”. Per questo Milano è un centro doppiamente cruciale per la ‘ndrangheta: intanto perché è la prima città europea per consumo di coca – e di questo la criminalità ne trae gran giovamento pur non essendone direttamente responsabile – e poi perché ovviamente i grandi affari si fanno qui. O nell’hinterland, come ha ricordato anche Mario Portanova, giornalista dell’Espresso che ha condotto la serata: “Le relazioni della Commissione antimafia delineano uno scenario molto chiaro sulla presenza capillare delle famiglie nei grandi centri lombardi, individuando in particolare il territorio di Trezzano, Corsico e Buccinasco come decisivo per il movimento terra”. E la torta di Expo 2015 non può che ingolosire ulteriormente le famiglie, rendendo necessaria un’attenzione altrettanto vigile.

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