martedì 2 novembre 2010

Cesano - Fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza...

...Al Cristallo è così perlomeno da trent’anni


Il 27 ottobre scorso si è aperta la trentesima stagione teatrale del Cinema teatro Cristallo, organizzata dall’associazione Città Viva con il patrocinio del comune di Cesano Boscone, con la prima del musical “La Divina Commedia” (la cui messa in scena è stata replicata anche il giorno seguente).
Prima dell’inizio dello spettacolo sono venute le dichiarazioni di Salvatore Indino, direttore dell’associazione culturale Città Viva; dell’ assessore alla cultura G. Bianco; di don Luigi Caldera parroco di San Giovanni Battista, decano e presidente della commissione cultura del Decanato. E’ importante che ci sia un’associazione sul territorio che promuova la cultura e la bellezza, due valori che vanno coltivati, che amalgamano le città e che le rendono vive (a ciò si aggiunga anche il plusvalore dato dal fatto che l’associazione è costituita da volontari), ed è bene che il Comune in questi tempi di crisi non rinunci a sostenere l’iniziativa...


Ma veniamo al musical “La Divina Commedia”. Lo spettacolo era diviso in due atti, nei quali il regista Maurizio Colombi ha rappresentato i punti più toccanti e importanti delle 3 cantiche: nel primo atto vengono inscenati il prologo e l’inferno, nel secondo il purgatorio e il paradiso.
Una fitta e cupa selva, proiettata in bianco e nero sullo sfondo, avvolge Dante (Vittorio Bari) che si sente smarrito e senza speranza. In suo soccorso viene Virgilio (Lalo Cibelli) mandato da Beatrice (Mariabianca Aruanno) affinché il fiorentino colga il vero significato dell’Amore. Dante e Virgilio dunque iniziano il viaggio, varcano la Porta dell’Inferno, incontrano Caronte che preannuncia loro ciò cui assisteranno: incontrano Paolo e Francesca, Pier delle Vigne, Ulisse e il conte Ugolino della Gherardesca; tutti costoro per loro volontà sono finiti all’inferno per aver frainteso l’amore: chi per lussuria è stato ucciso, chi per invidia si è tolto la vita, chi per conoscenza ha condotto se stesso e i suoi compagni alla morte e chi per disperazione ha divorato i suoi stessi figli.
Con l’uscita dei due poeti dall’inferno si chiude il primo atto.
Dante e Virgilio si trovano ora nell’antipurgatorio, incontrano Pia de’ Tolomei, superano l’esame di Catone e iniziano a salire la montagna della purificazione delle anime prima della visione beatifica.

Giunti alla fine della montagna Virgilio e Dante si separano: non degno è il latino di salire oltre, si stacca da Dante dichiarandolo padrone di se stesso e libero. Entra in scena ora Beatrice (che già aveva fatto qualche comparsa in precedenza cantando a Dante di non perder la speranza); in una foresta nuova verdeggiante, diversa da quella “oscura” perché cambiato è l’uomo Dante che vi arriva. Beatrice rimprovera Dante per aver tradito il suo amore, ma una volta che il poeta ammette la sua colpa, i due concludono il viaggio verso l’ineffabile visione beatifica incontrando Tommaso D’ Aquino, Piccarda Donati e Bernardo di Chiaravalle. L’opera si conclude con la scena grandiosa di Dante, Beatrice e i beati tutti che intonando la preghiera bernardiana alla Madonna arrivano al cospetto di quell’ “ Amor che move il Sole e l’altre stelle”.

Buona la scenografia, costituita da piccoli palchi mobili e un telo su cui vengono proiettate le immagini di sfondo. L’essenzialità scenografica rende bene la realtà metafisica e trascendente, in cui si muove Dante, e che appunto per queste sue caratteristiche non può essere rappresentata (così come nemmeno compresa pienamente) dall’uomo se non in tratti minimali (dando inoltre una certa atmosfera di surrealtà).
Geniale l’idea del coreografo Manolo Casalino di rendere il corpo di ballo parte attiva nella scenografia (per esempio quando i ballerini simulano le onde dello Stige).

Le musiche si sono rivelate adatte per ciascuna delle tre cantiche: rockeggianti e con incedere grave per l’Inferno così da rendere tutta la drammaticità e la malignità delle colpe commesse; con ritmo più andante nel Purgatorio a mostrare il percorso di cammino e purificazione; ed infine solenni così come si confà al Paradiso (in specie l’ultimo pezzo).
Bravo il librettista Gianmario Pagano che rimaneggia, rielabora e modifica le terzine dantesche in modo che si adattino ai ritmi delle musiche di Marco Frisina
Superba è stata l’interpretazione di Lelo Cibelli di Virglio; il personaggio è stato rappresentato come è nel poema dantesco: pietoso (pieno di pietà e comprensione), inquieto, spettrale (si aggira nel limbo da circa 1300 anni), triste, ma consapevole del ruolo che svolgerà per la redenzione di Dante oltre che della propria statura culturale e morale. Meno ha reso, per lo meno a me così è parso, l’interpretazione del canto di Paolo e Francesca: mancava il vento e troppo brevi gli accenni al motivo della morte dei due amanti.

Un atto per la prima cantica e un atto per le restanti due: lo spettacolo è asimmetrico. Se dell’Inferno sono stati colti i punti salienti e più noti, e chiunque, anche non necessariamente lettore di Dante, poteva immergersi nel contesto, così non è stato per Purgatorio e Paradiso trattati con una certa sommarietà (escludendo ad esempio gli incontri importanti con Giustiniano e Bonaventura e non introducendo adeguatamente Tommaso e Piccarda) che secondo me non ha permesso a tutti, per lo meno a quelli che non avevano familiarità con le due cantiche, di assaporarne e coglierne la profondità. Va detto a, se si vuole, scusante di ciò, che l’Inferno è certamente la cantica più vicina all’uomo, più divertente e più varia, e che più parla della storia e degli eventi che coinvolsero, direttamente e non, Dante; quindi è ragionevole dedicare ad essa più spazio così da esercitare maggior appeal sul pubblico.
Quest’ultimo si è mostrato entusiasta di uno spettacolo andato in scena in tutta Italia e che si è meritato la buona fama che ha e che si è mostrato degno del grande successo acquisito.

Andreas Massacra

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