venerdì 11 giugno 2010

Corsico – Lavoratrici della Cooper Csa: “Vogliamo continuare a lavorare”

È una storia già scritta, già sentita, tanto da non fare più notizia. Eppure è realtà e significa ritardi nel pagamento del mutuo e della retta della scuola, ma anche fine dei progetti di vita, senza un lavoro e nemmeno la prospettiva di una ricollocazione.
È la realtà di 29 lavoratori, di cui 24 donne, operaie addette all’assemblaggio, molte delle quali sono entrate nel mondo del lavoro più di vent’anni proprio nell’azienda che ora non esita a licenziarle, nonostante il lavoro, pur in tempo di crisi, non manchi.
La Cooper Csa è un’azienda metalmeccanica specializzata nella realizzazione di accessori per sistemi di intrusione e antincendio. A Corsico da quasi trent’anni, appartiene da più di una decina ad una multinazionale americana, dopo essere stata ceduta dai proprietari iniziali ad una ditta inglese venduta a sua volta. Da azienda familiare, quindi, negli anni è cresciuta. Grazie al lavoro di tanti dipendenti – in tutto oggi sono 56 – che non si sono risparmiati, accettando sempre straordinari, turni notturni e festivi...



Ieri i lavoratori hanno incrociato le braccia per la quarta volta in una settimana, organizzando anche un presidio fuori dalla sede di via Meucci. L’azienda, infatti, intende trasferire la produzione in Romania e di conseguenza ha deciso di eliminare un intero reparto dalla sede corsichese (come già in altre sedi europee). La procedura di mobilità è stata aperta lo scorso 26 aprile e da allora per i lavoratori è iniziato un incubo. Lavoratrici in particolare: c’è la mamma con tre bambini che non sa cosa raccontare ai figli, c’è una giovane incinta di nove mesi – cesanese, lavora alla Cooper da sedici anni e qui ha conosciuto il marito, entrambi verranno licenziati – ci sono tante operaie che non hanno mai nemmeno scritto un curriculum perché hanno sempre lavorato alla Cooper Csa.
Ora sono tutti senza prospettive perché dagli incontri che il sindacato ha avuto con l’azienda non sono emersi spiragli: “Martedì prossimo rivedremo i vertici aziendali, ma durante l’ultimo incontro in Assolombarda ci hanno chiaramente detto che si tratta di un’imposizione della casa madre e non c’è niente da fare”, ha spiegato Luciano Pisoni della Fim Cisl di Milano. Eppure la Cooper Csa è in salute, “ma solo per avere più profitti preferisce delocalizzare la produzione in Romania”.
Come tante aziende del territorio anche questa multinazionale ha deciso di ridimensionare il personale. Senza pensare a soluzioni alternative per i dipendenti: “Il grave problema”, ha denunciato Pisoni, “è che non hanno mai investito nei processi produttivi, in innovazione tecnologica”. E a farne le spese, come al solito, sono i dipendenti che evidentemente non hanno avuto la possibilità di accrescere o diversificare le proprie competenze.
Quel che resta da fare, quindi, pare sia solo una trattativa per non uscire dall’azienda a mani vuote. “Ma a noi serve il lavoro e il lavoro c’è visto che continuano a chiederci gli straordinari”, sostengono le lavoratrici, con tenacia ma anche disperazione. La disperazione di chi è destinato ad una vita precaria e senza prospettive.
Abbiamo contattato la stessa Cooper Csa ma il direttore dello stabilimento Andrea Cameli ha fatto sapere che “per ora l’azienda preferisce non rilasciare dichiarazioni”. 

2 commenti:

  1. E quale dichiarazione potrebbe rilasciare il direttore di stabilimento? Il crimine che stanno per commettere non ha assolutamente alcuna giustificazione possibile! Devono soltanto vergognarsi della loro avidità e della loro mancanza di rispetto e solidarietà nei confronti di chi gli ha servito per anni, decenni.

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  2. Sono le leggi e i governi dei paesi che ospitano le multinazionali a dover tutelare i cittadini lavoratori, attraverso azioni di mediazione e controllo. L'idea di un liberismo senza freni è ovviamente malsana, e porta a sfaceli sociali ovunque venga applicata, come vediamo ogni giorno. E' triste che gli italiani abbiano messo la loro vita e il loro futuro nelle mani di governanti che non hanno nè le competenze nè la volontà di governare questa tendenza, ma anzi colpevolmente favoriscono la deresponsabilizzazione delle aziende. I lavoratori in Italia oggi sono nelle mani di superficiali incompetenti a voler essere pietosi, di criminali sociali a voler dire la verità

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