martedì 13 aprile 2010

Trezzano - Tre mesi sul tetto della Maflow a difendere il lavoro

Sono ancora tutti lì. Li troviamo davanti ai cancelli della Maflow, l’azienda produttrice di tubi di condizionamento per auto dove molti lavorano da quando hanno raggiunto la maggiore età. Ce l’avevano raccontato un lunedì mattina di tre mesi fa, era l’11 gennaio e il freddo era pungente. In cinque dalla sera precedente erano sul tetto, tutti gli altri a presidiare giù davanti ai cancelli.
Dopo mesi di battaglie sindacali, proteste, trattative per scongiurare licenziamenti e chiusura, la decisione estrema di salire sul tetto e organizzare un presidio permanente che già da allora si annunciava lungo. E così è stato, lo è ancora.
Sono trascorsi tre mesi, in mezzo manifestazioni lungo la Nuova Vigevanese, concerti, corse podistiche, ma anche vertici in Prefettura, continui presidi davanti alle sedi della Bmw, il principale cliente che ha annullato le commesse, il question time in Parlamento, l’interessamento del sottosegretario Saglia e del governatore lombardo Formigoni, le visite notturne del consigliere comunale di Milano Salvini, la partecipazione a trasmissioni televisive. Ma anche momenti di svago come le “feste” in magazzino, con il karaoke, la vendita delle salamelle. E l’aiuto dell’Amministrazione comunale che fino ad oggi – è stabilito almeno fino al 16 aprile – ha assicurato i pasti per tutti sia a pranzo che a cena (ora toccherà alla nuova Giunta decidere se rinnovare o meno la solidarietà ai lavoratori).
Ieri mattina (lunedì 12 aprile) anche noi siamo tornati a trovarli – ma il nostro settimanale non ha mai smesso di seguire e raccontare le loro vicende – per fare il punto della situazione e capire cosa significhi vivere tre mesi lontani da casa e dalle famiglie per salvare il proprio posto lavoro...


“Sono stati tre mesi molto difficili”, ci racconta Alessandra, team leader (una delle due donne salite per prime sul tetto), “abbiamo sopportato ghiaccio e vento, ma siamo andati avanti con sempre maggiore convinzione, e in questo l’aiuto della Rsu è stato fondamentale: lavoro qui da undici anni, conoscevo molti colleghi solo a livello professionale, ora i rapporti sono più profondi”. Non solo, è cambiato anche il suo atteggiamento nei confronti di un’azienda in cui Alessandra credeva: “La loro verità era la loro bugia”.
Di bugie, probabilmente, negli anni ai dipendenti ne sono state dette e non poche, per questo i sindacati hanno spesso denunciato che i 300 lavoratori a rischio fossero non solo vittime della crisi ma di “una gestione finanziaria scellerata”, che ha portato al commissariamento e all’amministrazione straordinaria.
Lo scorso 26 marzo per salvare il salvabile, ossia convincere la Bmw a riprendere gli ordini, i lavoratori hanno organizzato due pullman e sono partiti alla volta di Monaco di Baviera, “un viaggio massacrante, da mezzanotte a mezzanotte”, racconta Massimo Lettieri della Rsu che ricorda le condizioni del tempo proibitive in Austria e il malore di un collega: “Davanti alla Bmw siamo stati accolti benissimo, il sindacato ci ha offerto la colazione e abbiamo parlato in un incontro formale con i vertici dell’azienda che si sono detti disponibili a sedersi ad un tavolo convocato dal ministero”.
E questo incontro potrebbe svolgersi a breve, anche perché finalmente qualcosa sta cambiando e tra pochi mesi si conosceranno le sorti dell’azienda. Martedì 13 aprile, infatti, è stato pubblicato il bando di gara per la vendita: entro trenta giorni avverrà l’apertura delle buste, a fine maggio ci sarà la possibilità per un’ulteriore offerta.
“Noi resteremo qui in azienda fino a quando non ci assumeranno tutti quanti”, afferma sicuro Lettieri, “le fabbriche non devono chiudere, il lavoro non si deve perdere, non si deve perdere il know-how italiano, chiudendo Trezzano si perderebbe l’intelligenza italiana”.

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