domenica 14 marzo 2010

Aspiranti pubblicisti raccontano... Mobbing familiare


Silvia, il nome è di fantasia, ha da poco superato la quarantina e una vita segnata da tre costanti: due figli, una separazione e un impiego stabile nell’attività commerciale di famiglia. Da settembre, però, da quando suo padre ha deciso di ritirarsi dall’attività, lasciando l’esercizio nelle mani del figlio, fratello minore della donna, la sua vita è cambiata. Da quel momento Silvia è venuta a contatto con una delle realtà peggiori del mondo del lavoro: il mobbing.
Le continue e ingiustificate vessazioni e umiliazioni da parte del fratello rendono il prosieguo del lavoro insostenibile e spingono la donna a inoltrarsi nella ricerca di una nuova occupazione.
Silvia piange...


Le sue giornate cominciano a scandirsi tra mattinate d’inferno relegata in un angolo di quel negozio che un tempo, e “sfortunatamente” tuttora, aveva significato un futuro per lei e corse pomeridiane senza sosta da un posto all’altro per la consegna del curriculum.
Silvia è triste. Quella donna, che tanto aveva dato a quell’attività, ora si vede estromessa da quella stessa persona che vent’anni prima aveva scelto come padrino di suo figlio. Le giornate passano, passano i mesi. Il telefono non suona. Non è facile trovare lavoro se si ha già superato i 40, soprattutto se la pretesa è quella di mandare avanti dignitosamente la propria famiglia.
Silvia si sente tradita.
Tutte le angherie subite sul posto di lavoro si ripercuotono inevitabilmente sulla sua sfera emotiva. Silvia è a pezzi. I genitori, inizialmente indifferenti di fronte a tanto astio nei confronti della donna, ora sembrano abbracciare la sua causa.
E’ sintomo che qualcosa sta cambiando nella vita di Silvia. Finalmente, dopo mesi, una fredda e, apparentemente, solita mattina di gennaio, il cellulare di Silvia squilla.
Un colloquio.
La speranza di abbandonare una volta per tutte quell’inferno.
Silvia ora sorride.

Federico Ciapparoni

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