Mi è capitato abbastanza spesso in questi anni, soprattutto negli ultimi, di immaginare, diciamo pure di sognare, la caduta di Silvio Berlusconi. La caduta c’è stata, ma non è esattamente andata come me la ero prefigurata. Il mio personalissimo immaginario era rappresentato dal risultato politico, sociale, culturale, di una serie di eventi e mobilitazioni popolari che si traducessero in un voto che fosse l’espressione, la sommatoria, delle scelte di chi aveva visto degradarsi il proprio livello di vita, dei precari, delle donne offese nella loro immagine, dei disoccupati delle fabbriche chiuse, degli operai umiliati di Pomigliano, dei giovani avviliti nei call center, degli amministratori locali taglieggiati nelle loro risorse, di chi fa la fila alle mense della Caritas e non certo perché ha trovato tutti i ristoranti occupati, degli studenti senza futuro, financo dei disillusi del nuovo stile di vita, una sorta di “american way of life”, promessoci ciclicamente dal premier...
Non è andata esattamente così. Il sogno, come spesso accade, si è rivelato assai diverso dalla realtà. Berlusconi cade per mano dei grandi gruppi della finanza internazionale, quelli popolarmente chiamati “gli Gnomi di Zurigo”, per mano della BCE alla quale sono stati trasferiti i poteri dei parlamenti e degli elettori (almeno è così al momento per quanto riguarda Italia e Grecia, ma così sarebbe stato anche per la Spagna se Zapatero non avesse avuto l’astuzia di andarsene prima di essere licenziato).
Cade perché non serviva più a garantire stabilità a quel sistema economico che ha deciso di trasferire e avocare a sé i poteri della politica. Cade perché il suo populismo (un Peron con tantissime Evite), la sua politica politicante (proprio lui che era nato per spazzarla via), quella sua continua mediazione tra le convenienze di consorterie e di corporazioni professionali, quella sua totale incapacità di rappresentare interessi complessivi e non solo di amici e compagni di cordata, lo avevano reso inutile e dannoso; lui che già era stato così poco organico alle classi dirigenti italiane che lo avevano tollerato e accettato più che acclamato, solo grazie al fatto che aveva messo alle corde la sinistra, garantendo così che dopo la crisi della prima Repubblica tutto cambiasse affinchè nulla cambiasse negli equilibri di potere sociale ed economico.
Anche per questo mi sono parse piuttosto fuori luogo le manifestazioni di giubilo che si sono svolte sotto i palazzi del potere romani da parte di chi, in questa caduta, ha avuto un ruolo tristemente marginale, manifestazioni per di più accompagnate da un lancio di monetine che sarebbe stato da evitare fosse solo per scaramanzia, dopo Craxi, prima vittima con monete di vecchio conio, venne infatti proprio lui, Berlusconi, e lascia perplessi questa propensione di tanti a saltare con spensierata allegria dalla padella alla brace.
Il segretario del PD Bersani ha parlato addirittura di Liberazione scordando, come qualcuno ha fatto notare, che la Liberazione del 1945 fu opera di partigiani in armi e non di banchieri e finanzieri armati di iPad e assettati di facili profitti. Avrebbe semmai potuto citare il 25 luglio 1943, quando il re sostituì il fascista Mussolini con l’altrettanto reazionario e autoritario maresciallo Badoglio.
Ma tant’è, ora arriva Mario Monti, International advisor della Goldman Sachs, la stessa banca che suggerì il piano da 700 miliardi che salvò le banche americane e affossò il debito pubblico statunitense. Insomma arriva quel furbo gommista che di notte ci buca le gomme dell’auto e che la mattina dopo si offre generosamente di ripararcele tra i nostri applausi. Ci guadagneremo in bon ton ovviamente e anche in stile di vita, sicuramente più presentabile alle orecchie dei nostri figli quando guardano il telegiornale. Ma temo che il guadagno finisca tutto qui. Già perché quel che Berlusconi diceva di voler fare e non ha mai fatto (per incapacità, impossibilità, scarsa volontà politica e anche per quello strabismo politico che gli ha fatto individuare nei magistrati i suoi esecutori finali mentre i suoi amici dell’economia e degli affari segavano il ramo su cui era seduto), Monti lo farà.
Adesso dopo la dipartita politica dell’uomo “del parlare stando bene attento a non fare” arriveranno i fatti, il liberismo avvia la stagione che lo porta dalla teoria alla pratica: privatizzazioni di tutto il privatizzabile (dalle partecipazioni pubbliche alle caserme fino alle municipalizzate), flessibilità generalizzata del mercato del lavoro (che come la storia ci insegna sarà soprattutto in uscita e sporadicamente in entrata), riforma delle pensioni con target a 70 anni, gran rentrée dell’ICI, rifinanziamenti a grandi gruppi e banche e rigore fiscale assoluto per artigiani e piccole e medie imprese, molte chiacchiere sulla patrimoniale, difficilmente destinate a tradursi in fatti; insomma tutto il “cucuzzaro” liberista cui siamo abituati da Reagan e Thatcher in poi.
Quel che personalmente temo di più è che dopo il sogno andato a male non vorrei mi capitasse anche l’incubo di avere la tentazione di sfilare sotto lo striscione “Salvate il compagno Berlusconi”.
Fulvio Scova
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