mercoledì 2 novembre 2011

TREZZANO - A chi piace ancora “fare politica”?

Nei locali, discretamente affollati, del Centro Socio culturale di via Manzoni si è svolto un incontro pubblico organizzato dal coordinamento dei comitati di quartiere Azalee, Mezzetta, TR1, TR4. Incontro inusuale, come gli stessi organizzatori lo hanno definito perché il tema non era infatti di quelli soliti a cui questo tipo di organizzazioni ci hanno abituato. Non si parlava di territorio, di strade da sistemare e di tutta quella vasta gamma di argomenti immediatamente concreti e visibili che i comitati sottopongono all’attenzione dei cittadini...

Si parlava di qualcosa di ben più generale ma al contempo straordinariamente concreto: la crisi della politica, la scarsa rappresentatività dei partiti, il disamore collettivo verso i rappresentanti eletti, i privilegi di quella che ormai abitualmente viene definita casta.

Terreno difficile e su cui si cammina sempre con una certa cautela, sempre in bilico tra generico qualunquismo, sincera voglia di rinnovamento, soprattutto etico, rischi di rottamazione sulla scia del giovane rappresentante della nuova destra riformista di Matteo Renzi, estremismo tra il guascone e il goliardico di tipo grillista. A costo di una qualche banalità di troppo, il dibattito ha saputo evitare questi scogli, concentrandosi su una seria discussione sulla crisi di rappresentatività dei partiti, l’insostenibilità sociale dei privilegi della classe politica, il crollo verticale di valori etici e di rigore morale del personale cui è stato affidato il compito di esprimere la volontà popolare. 

Su tutte, la preoccupazione della disaffezione verso l’impegno pubblico di larghe fasce di popolazione, giovanile in primo luogo, messa sul piatto in prima istanza da Luciano Chiodo che ha introdotto il dibattito. Anche se c’è chi ha fatto notare che soprattutto negli ultimi tempi con i referendum sull’acqua , la raccolta firme per il cambiamento della legge elettorale e le ondate movimentistiche che hanno occupato quasi sempre pacificamente le piazze, cittadini e cittadine hanno messo in luce di essere ben padroni della politica, ma di non sentire né idee né sentimenti adeguatamente rappresentati dai partiti tradizionali, troppo spesso luoghi di protezione di interessi particolari e scarsamente comunicativi con un linguaggio che soprattutto alle aree giovanili appare vetusto e incomprensibile, come ha rilevato la giornalista del Giorno Francesca Santolini, presente in sala con tutti rappresentanti della stampa locale. 

Nel dibattito è intervenuto anche il sindaco Tomasino che ha con forza difeso il sistema maggioritario, cadendo anche lui però nell’equivoco di scambiare la stabilità che un maggioritario bipartitico garantisce (a nostro parere in cambio di un deficit di espressione democratica come garantisce il proporzionale) con la reale instabilità del maggioritario bipolare vigente, che riesce in un sol colpo a mettere in campo tutti i difetti del proporzionale (eccessiva frammentazione e potere di ricatto delle forze ultraminoritarie) con tutti quelli del maggioritario, e cioè scarsa possibilità di esprimere un voto davvero rappresentativo costringendo spesso l’elettore a votare per il meno peggio. 

Chiodo ha concluso con una proposta: chiedere ai parlamentari di rinunciare al 30% dello stipendio attuale da devolvere in un fondo di solidarietà ai lavoratori in mobilità e cassa integrazione. Proposta generosa e condivisibile, ma purtroppo i capponi non firmeranno mai una legge che dica che il pranzo natalizio si può fare tutti i mesi anziché una sola volta l’anno.

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