C’è connessione tra il dilagare del fenomeno del gioco d’azzardo senza freni (come sembrano innocui la Sisal del nonno e l’ambo della nonna che aveva fatto un sogno al gioco del lotto!) e la notizia del ritorno dei nostri consumi alimentari ai livelli degli anni ’80? Direi proprio di sì e ci aggiungerei anche le non infrequenti inserzioni che appaiono sulla nostra rubrica “Cerco lavoro” e che parlano di pensionati ultrasessantenni disposti a qualsiasi tipo di lavoro pur di tirare avanti...
Mettersi continuamente in gioco, d’azzardo, significa essere figli di quel povero carrello della spesa che già decenni fa è stato povero ma in un contesto politico sociale che permetteva la speranza come risultato di impegno, laboriosità e diritto a lavoro sicuro e giustamente retribuito. La slot machine è invece il fondo del barile raschiato a più non posso. Francamente risulta difficile ritenere che siano patologie individuali curabili con quattro chiacchiere e qualche pillola. Il fenomeno è un fenomeno sociale e collettivo, figlio di una ben precisa cultura e della morte di altre culture velocemente seppellite.
Ancora una volta il pensiero unico delle “magnifiche sorti e progressive”, come già altre volte in passato, ma la storia non ha mai buoni allievi, sconta il suo fallimento nel confronto con la realtà.
Fulvio Scova
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