martedì 11 ottobre 2011

Le Province rilanciano con l’operazione verità

La loro abolizione? Solo propaganda. La recente riunione del Consiglio direttivo dell’Unione delle Province lombarde ha deciso di avviare un’indagine sui reali costi e benefici degli Enti

Se ne parla in ogni occasione nella quale all’ordine del giorno c’è la riduzione dei costi della politica, ma come al solito non se ne fa nulla: le province restano e la loro abolizione è ormai diventata niente di più che un artificio retorico ad uso propagandistico. Anzi di più, sono le Province stesse ora a passare all’offensiva...

Lo dimostra la recente riunione del Consiglio direttivo dell’Unione delle Province lombarde che in una nota spiega che si è deciso di avviare un’ “operazione verità” sui reali costi e benefici degli Enti ma anche sulla necessita di una riforma complessiva dell'architettura istituzionale del Paese (riduzione numero parlamentari e dei consiglieri regionali, eliminazione degli Statuti speciali e degli oltre 7.000 Enti intermedi). Le Province, si spiega nella nota, pur rappresentando solo l'1,5% della spesa pubblica, garantiscono ai cittadini servizi fondamentali sui versanti della formazione professionale, delle infrastrutture, della pianificazione territoriale e dell'occupazione.

“Crediamo sia improprio che una manovra tesa a individuare risorse immediate operi una cosi' drastica revisione dei livello di governo intermedi - dice il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà -. Il Servizio studi del Senato ha, peraltro, sottolineato che l'eventuale trasferimento alle Regioni di competenze e di personale determinato dalla soppressione delle Province genererebbe un incremento e non una riduzione di spesa

Per questa ragione Podestà spiega che “l'Unione delle Province d'Italia (Upi), su nostra proposta, ha affidato all'Università 'Bocconi' uno studio specifico finalizzato a evidenziare, con dati certi, vantaggi e svantaggi legati all'abolizione di questi enti. Quanto al miglioramento dell'efficienza delle Istituzioni di governo intermedio, occorre, piuttosto, stabilire un piano generale teso a ridefinire l'architettura istituzionale del nostro Paese. 

Anche nell'ottica della Riforma del Titolo V della Costituzione, “avevo - continua il presidente della Provincia -, per esempio, già concordato con Letizia Moratti sull'esigenza di costruire dal basso a Milano la Città metropolitana”. Quest'impegno “è condiviso - conclude - adesso con il sindaco Giuliano Pisapia, con il quale ho convenuto sulla necessità di assicurare ai cittadini della 'Grande Milano' l'adozione di politiche di area vasta in grado di armonizzare le scelte riguardanti i trasporti pubblici, l'ambiente e lo sviluppo del territorio”.


Di abolizione si parla da anni
Quante sono le Province in Italia? Nel 1960 erano 92 per salire fino a 110 nel 2005.
Quali sono esattamente le competenze delle Province? Tutte cose che potrebbero tranquillamente essere affidate ai Comuni. Le Province spesso vivono di deleghe delle Regioni; anzi, molte volte rappresentano un ostacolo verso una maggiore fluidità delle decisioni.

Le competenze assegnate che contano sono poche: l’edilizia scolastica per gli istituti superiori (elementari e medie spettano ai comuni), la manutenzione di una parte delle strade (quelle non gestite da Anas o Comuni), lo smaltimento dei rifiuti (spesso gestito, però, da commissari regionali); presunti poteri in materia di sviluppo economico, teoricamente basati sui distretti industriali, sono castelli in aria.

Negli anni ’70, quando si attuò l’ordinamento regionale, il repubblicano Ugo La Malfa propose l’abolizione delle Province, per eliminare – a suo dire – una duplicazione di burocrazia e spese. Anche il segretario del Pci di allora, Enrico Berlinguer era d’accordo. Però si convenne di aspettare, per abrogarle, il consolidamento delle Regioni. Qual è il criterio della Provincia? La compattezza geografica del territorio? Le affinità culturali? La dimensione? L’ossatura produttiva? No nessuno di questi. Ci sono Province come quella di Torino con 315 comuni e altre come quella di Prato con 7 comuni, Province come Roma con 4 milioni di abitanti, e altre con 58.000 abitanti, come quella dell’Ogliastra, con il capoluogo Tortolì a quota 10.000 abitanti.

(Da “La Casta” di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, edizioni Rizzoli)

Ma quanto costano davvero?
Abolire le province farebbe davvero risparmiare solo 100-200 milioni di euro come sostenuto anche dal ministro Tremonti? Secondo l’Istituto Bruno Leoni, il risparmio sarebbe di almeno dieci volte tanto. Lo dimostra Andrea Giuricin, fellow dell’IBL, nel Focus “Quanto costano le province?” 
Secondo Giuricin, “il solo costo politico delle province era di circa 115 milioni di euro nel 2004, saliti a 135 milioni nel 2010”. 

Ma questa è solo una parte dei risparmi che si potrebbero ottenere dall’abolizione delle province. Infatti, le spese di controllo e amministrazione ammontano a quasi 4 miliardi di euro, di cui poco più di 2 di costo per il personale. Assumendo di riallocare tutti i dipendenti in conseguenza dell’abolizione delle province (ma sapendo che, almeno nel lungo termine, il numero dei dipendenti pubblici potrebbe essere strutturalmente ridotto), si può stimare un risparmio dell’ordine dei 2 miliardi di euro.








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