Il racconto dei tre consiglieri del gruppo misto. Un documento stilato questa estate metteva pesantemente in discussione la politica di Graziano Musella, il primo firmatario era l’allora, e l’attuale, vicesindaco. Domande per ora senza risposta
Come mai cinque consiglieri facenti parte della maggioranza che sostiene Graziano Musella sottoscrivono un documento di aperta dissidenza con talune scelte politiche fatte dal sindaco e nel giro di pochi giorni da cinque diventano solo tre? Come mai tra i firmatari c’è addirittura il vicesindaco Armando Settili, che compare come primo firmatario del documento, per poi rimangiarsi tutto e riassicurare la sua fedeltà al primo cittadino? Come mai di questa storia di voltafaccia si parla e si è parlato poco in città, stendendo una sorta di velo di silenzio che ha impedito ai più di comprendere i motivi che hanno spinto Settili ad una rapida marcia indietro dopo avere abbracciato l’idea di una svolta netta nella politica assaghese?...
Per rispondere a queste domande abbiamo incontrato i tre consiglieri che hanno mantenuto fede al documento originario, dando vita al “gruppo misto” che ha ridotto la maggioranza di Musella ad un solo voto, una minimaggioranza, una sorta di anatra zoppa. I tre consiglieri sono Ivo Simone, ex assessore al commercio, capogruppo della nuova formazione e anima politica di quella che lui stesso vuole definire una nuova primavera per Assago, Giuseppe Mannarino, che aveva la delega alle politiche giovanili e Flavio Vettorel, che si porta dietro una lunga esperienza politica al fianco di Musella, alla quale ha deciso di dare un taglio netto a favore di una politica “svincolata dai poteri forti”.
I primi due, ci tengono a sottolinearlo, sono tuttora iscritti al PDL, Vettorel è un indipendente che fa riferimento comunque al centrodestra e ai suoi valori. Il loro non è il racconto di una congiura, ma di un tentativo di confronto politico con il sindaco in carica, avviato in primo luogo a difesa del programma originario con cui si sono presentati agli elettori e in aperto contrasto con scelte che hanno considerato, loro tre ma anche gli altri due, assolutamente non condivisibili. Un confronto che non c’è mai stato e che Musella non ha mai accettato di avviare. Vediamo il perché e come sono andate le cose.
UN DOCUMENTO CON 5 FIRME
Constatato un crescente malcontento all’interno della maggioranza i cinque esponenti politici (Simone, Mannarino, Vettorel, Settili e il non ancora citato consigliere Rino Salvi) si riuniscono in una sera di metà giugno attorno ad un tavolo del ristorante “La Corte del Moro” di Locate Triulzi. Obiettivo : stilare un documento, un patto di intesa solidale, che porti appunto alla chiarificazione politica all’interno della maggioranza. Il documento, che chi scrive ha visto con i propri occhi con tanto di firme autografe di chi lo ha sottoscritto, mette in campo punti considerati irrinunciabili: la revoca dell’incarico ai due assessori esterni Pagliuca (Urbanistica) e Longo (Servizi sociali) e la loro sostituzione in breve tempo.
In caso contrario i firmatari del documento non si sentiranno più legati in alcun modo da vincoli di maggioranza, in particolare su proposte o delibere che venissero presentate e sostenute dai due assessori in questione. Vedremo più avanti quali sono le accuse politiche che il gruppo dissidente, guidato dal vicesindaco che per l’occasione si fa carico anche di pagare la cena, muove a Francesco Pagliuca e Giuseppe Longo. Proprio a Settili viene affidato l’incarico di concordare un incontro con il sindaco. Incontro che tarda a venire, un po’ perché Settili traccheggia e tentenna (stranamente se si tiene presente che la sua firma sul documento appare in testa a tutte le altre) e un po’ perché Musella rifiuta il confronto collettivo, è disposto insomma solo a incontri bilaterali con ciascuno dei consiglieri dissidenti. Evidentemente con incontri singoli pensa di avere maggiore potere contrattuale.
Dopo una nuova riunione, questa volta in via Santa Rita a Milano, i cinque decidono di far protocollare una lettera in cui dichiarano che in mancanza di fatti nuovi non si sentiranno più vincolati da alcun mandato. Musella accetta di incontrarli, capisce che la sua maggioranza è a rischio. Ma più che di incontro si tratterà di uno scontro, il sindaco è intransigente e resta fermo sulle sue posizioni che paiono come per incanto diventate più salde: Salvi tentenna e pare aver già innestato la retromarcia, Settili abbandona il tavolo quasi subito appellandosi a motivi personali.
Ormai è chiaro, trasformismo e voltafaccia hanno ridotto il gruppo da cinque componenti a tre, i tre che non hanno nessuna intenzione di cedere come dimostreranno alla prima occasione in Consiglio comunale e come annunciano in una nuova lettera indirizzata a Musella e nella quale rivendicano la coerenza delle loro scelte. Nessuna improvvisa “pugnalata alle spalle” quindi, ma l’ovvia reazione alla richiesta di un confronto politico ignorato e respinto con il condimento di repentini cambiamenti di posizione, mai chiariti, da parte di due esponenti politici inizialmente decisi anch’essi ad esprimere il loro dissenso, poi rientrato in seguito a non si sa cosa.
LE ACCUSE A PAGLIUCA E LONGO
Ma di cosa i tre consiglieri dell’attuale gruppo misto accusano gli assessori Longo e Pagliuca? Il primo “capo di imputazione” li riguarda entrambi e li accomuna: scelte non condivise e poco partecipate, scarsa collaborazione e scarso confronto con i membri della coalizione. Nello specifico a Francesco Pagliuca si imputa l’intenzione, come risulta dai dati messi a bilancio, di alienare le aree di Via Matteotti e via Roma trasformando aree dedicate a sport e verde in aree residenziali, allo scopo di far cassa e tappare buchi. Pagliuca nega, ma a bilancio in proposito ci sono circa 5 milioni di euro, sostengono i tre consiglieri, che si giustificano solo attraverso un’operazione di questo tipo.
A Giuseppe Longo si rimprovera l’operazione farmacia comunale (vedi box in questa pagina) ma anche l’intenzione di riunire tutti medici del paese in un unico centro polifunzionale in via Roma, sede considerata inadeguata e scomoda per larghissima parte dei cittadini. Sulla farmacia, il cui progetto prevede la dislocazione in un centro commerciale, i tre consiglieri voteranno contro in Consiglio comunale e il provvedimento passerà con un solo voto di scarto: è l’esordio del gruppo misto coerente a quanto annunciato ed è anche l’esordio della minimaggioranza di Musella, attaccata a un filo, attaccata a un solo voto, ad esempio a quelli di Salvi e Settili, che da dissidenti si trovano a svolgere, in poche settimane, il ruolo, decisivo, di stampelle della Giunta.
DUE O TRE COSE CHE VORREMMO SAPERE
Finisce qui, almeno per ora, non escludiamo infatti future nuove puntate, il racconto di Simone, Mannarino e Vettorel. Restano sul tappeto alcune domande. Può Settili continuare ineffabilmente a ricoprire la carica di vicesindaco dopo avere sottoscritto, come primo firmatario, un documento che poneva in discussione aspetti decisivi della politica sostenuta da Graziano Musella?
Può Graziano Musella continuare ad accettare in quella carica un esponente politico che solo poche settimane fa aveva messo in campo un’operazione politica che lo avrebbe ridotto in sicura minoranza e che comunque lo costringe ora a governare “sul filo di un rasoio”? Quali sono le motivazioni politiche, o di qualsiasi altro genere, che hanno determinato la fulminea “riconversione” di Armando Settili? Domande che ci poniamo noi e che probabilmente si pongono anche i cittadini e gli elettori di Assago.
Fulvio Scova
Perché i consiglieri del gruppo misto hanno votato contro il progetto farmacia?
Queste le motivazione che ci hanno fornito: la collocazione in un centro commerciale non è adeguata alle esigenze dei cittadini, soprattutto in termini di mobilità; il centro di notte è chiuso e l’idea che la farmacia possa invece funzionare 24 ore su 24 è assai discutibile e poco praticabile; la gestione di un privato, che ne deterrebbe il 49%, difficilmente gioverebbe alle casse comunali: a fronte di un introito per le casse pubbliche quantificabile in 58mila euro, infatti, non sono state prese in considerazione voci di spesa quali i costi per la costituzione di un Consiglio di amministrazione e relativi presidente e revisore dei conti né i costi derivanti da una sede per gli organismi di gestione. Il rischio è quello di uno sbilancio, per cui i cittadini si troverebbero in aggiunta al danno di una sede considerata disagevole, anche la beffa di dover ripianare di tasca loro eventuali perdite.
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