mercoledì 23 febbraio 2011

Corsico - Oggi ho confessato il mio Parroco – Don Gaetano e i suoi primi 50 anni di sacerdozio

Cinquant’ anni di sacerdozio non sono proprio uno scherzo. Se penso alla trasposizione laica in 50 anni di matrimonio, di sicuro corrono alla mia mente immagini di grandi festeggiamenti, un’intera vita passata con una persona a fianco. Una storia da raccontare.
E con questo spirito incontro Don Gaetano Fusi, parroco della Parrocchia SS. AA. Pietro e Paolo di Corsico da 22 anni, diventato sacerdote 50 anni fa.
La premessa, più che d’obbligo, è che questa non risulterà essere un’intervista vera e propria. Non sono un giornalista, ma soprattutto sono cresciuto in questa Parrocchia e Don Gaetano è sempre stato “il mio parroco”...
 

Difficile vedere “con distacco” qualcuno che conosci praticamente da sempre. Fin da bambino, quando, alto un metro e poco più, ero in terribile soggezione nei confronti di questo prete che tuonava col suo vocione nei confronti di noi piccoli chierichetti che chiacchieravamo e correvamo nella sacrestia. Difficile, credo, anche da parte sua, vedere me come un normale intervistatore (infatti non ha mancato di bacchettarmi di continuo su questioni personali, su tutto e ancor di più, tra una domanda e l’altra). 

La prima domanda a bruciapelo: cosa prova per questi suoi primi 50 anni da sacerdote?
(meglio tralasciare la prima risposta a caldo, ndr) Sorride don Gaetano: “La prima sensazione è umana, ed è la certezza di non essere padroni del proprio tempo. Il tempo ti sfugge, ed è quindi fondamentale imparare a vivere profondamente, pienamente, totalmente ogni istante che passa. Cosa facile da dirsi ma di certo più complicato da farsi. Imparare a vivere l’oggi e, per un prete in particolare, è fondamentale imparare a vivere “l’oggi di Dio”, che è anche il titolo di un bellissimo libretto scritto da Frère Roger, fondatore della comunità interconfessionale di Taizè.” 

Ci racconti i rammarichi e le gioie di questi 50 anni
“Il primo rammarico è quello di non essere riuscito nell’essere persona di comunione, capace di costruire ponti tra realtà frantumate. La sensazione è, per certi versi, di aver “devastato ancora di più”. Racconta con non poca amarezza la difficoltà nel guidare nel migliore dei modi le varie transizioni tra i vari coadiutori succedutisi in questi anni, che hanno portato delle “devastazioni” all’interno dell’Oratorio. 

“Un altro rammarico è il non essere sempre riuscito a vivere profondamente la condivisione del dolore, delle prove di tante persone. Sia nel mio primo mandato come prete di un oratorio (del Villaggio di Cesate, ndr), sia nel secondo mandato come responsabile di una grande scuola cattolica e infine nei 22 anni di parroco di una grande città come Corsico, ma anche come coordinatore dell’Unità Pastorale. 

Passiamo alle gioie di questi cinquant'anni, e qui don Gaetano mi spiazza subito affermando: “La prima cosa bella è aver imparato in questi anni ad obbedire. Magari protestando, ma credo di aver imparato il grande dono dell'obbedienza. Nel mio primo mandato, dove sognavo tutt’altro, l’insegnamento ad esempio, e sono stato chiamato a fare il coadiutore. Ma ho avuto la grande soddisfazione e gioia di mettere in piedi l’oratorio che ancora non esisteva. Sono stato 20 anni in quella Parrocchia, trovandomi molto bene con il parroco di Villaggio di Cesate, don Umberto, con il quale ho condiviso molto e ho imparato tanto.

E infine approdo a Corsico, (dove ha ritrovato come “vicino di casa” don Luciano, suo compagno di studi in seminario che anch'egli festeggia 50 anni di sacerdozio).
La prima cosa che mi rese felice di questa parrocchia fu vedere la nostra chiesa mai abbandonata. C'era sempre gente in chiesa, a qualsiasi ora del giorno. E non è, ormai, un fatto scontato. L'altra grande gioia è stata scoprire la vitalità che animava il nostro Oratorio, davvero pieno di entusiasmo.” 

Ricorda don Gaetano uno dei primi incontri avuti con il Sindaco Perversi (con il quale ha avuto sempre un profondo legame al di là delle istituzioni rappresentate) in cui sottolineava quanto le persone delle quali il Sindaco avesse il dovere di preoccuparsi erano le medesime di cui lui avesse, anche se sotto altri aspetti, il dovere di avere cura, che l'Oratorio non era solo una “cosa della Chiesa” ma una realtà della Città. Il vero pluralismo non è quello “nelle” istituzioni, ma “delle” istituzioni

Quando don Gaetano arriva a Corsico vigeva un rispetto reciproco tra Chiesa e Amministrazione, ma ricordava molto i tempi di “Don Camillo e Peppone”, ognuno per la sua strada. L'impegno che ha cercato di profondere negli anni è sempre stato rivolto a creare unione di intenti, capacità di ascolto reciproca e condivisione delle realtà del territorio. Come per la vicenda Burgo (l'azienda, non il neo-nato quartiere, ndr) dove ha dovuto “bacchettare” purtroppo senza risultato il direttore che aveva avviato il progressivo smantellamento dell'Impresa. “Con lui condividevo, almeno, la fede torinista, per tutto il resto la divergenza era troppa” confida. Sempre legato alla questione Burgo afferma: “Il profitto oggigiorno scavalca sempre tutto...ed è meglio che non aggiunga altro...” 

“Una grande amarezza e difficoltà di oggi è il non riuscire ad aiutare e condividere la sofferenza con le persone che versano in difficoltà a causa della crisi monetaria internazionale. Il famoso processo di sussidiarietà che spesso resta solo una bella parola.” 

Mi racconta tante altre cose Don Gaetano, ma spesso mi dice... “questo non scriverlo”. Storie di una vita spesa per la (ormai anche) sua Corsico, segno di un profondo impegno civile per il superamento dei pre-concetti, dell'opposizione “vissuta come contrapposizione”, per il bene dei suoi parrocchiani e per i cittadini tutti. Da dieci anni annuncia di voler “andare in pensione da noi”, proprio perchè non riesce più a capire il mondo d'oggi (e quindi anche Corsico), a districare questa “matassa”. Tuttavia è ancora sul campo, pronto a tuonare e difendere i propri valori (mi confida che avrebbe fatto volentieri il sindacalista, ma “quello di una volta però”). 

Gli faccio un'ultima domanda, scomoda, che mi permetto di porgli solo per la confidenza che ci lega nel bene e nel male (tanto, come dice sempre lui, sono ormai “un'anima persa, che vive nel peccato”). 

La tacciano sempre di essere una persona burbera, che grida sempre, sempre arrabbiato. Cosa risponde?
Cambia espressione, un mezzo sorriso... “La mia timidezza. Io sono un timido. Quando mi fanno questo richiamo mi tornano in mente le parole del Cardinal Colombo che mi diceva: <>. Un'altra persona mi ha detto che sono un orso...ma con un cuore grande. E non pensare che me lo dica un'amante perchè ormai sono vecchio... Quando mi hanno accusato di avere delle amanti ho sempre risposto che... però le scelgo molto bene!” ride Don Gaetano, ma presto ritorna in sé. 

Mi tuona contro: “Adesso lasciami in pace, che devo andare a dir Messa!”. Poi aggiunge, con calma e un sorriso: “Grazie!” 

Grazie a lei, don Gaetano, e non solo per l'intervista...

4 commenti:

  1. Grazie, Andrea, per questa bella intervista che mi ha commossa... perchè questo è davvero il "nostro" grande, insuperabile, unico Parroco, il "nostro" don Gaetano al quale esprimo anche qui il mio "Grazie". Con tutto il cuore!!!

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  2. Bravo Andrea!
    l'articolo mi piace, anche se il mio è un giudizio un po' di parte...
    E' vero don Gaetano lo sentiamo spesso brontolare...allora,in quei momenti, mi piace ricordarlo anni fa, in una cantina, dove "si raccontava" con il nonno bevendo un caffè rigorosamente senza zucchero...

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  3. Sono la nipote di Don Gaetano e ringrazio Andrea per le belle parole con cui è riuscito a descrivere mio zio! Non aggiungo altro! Io lo conosco troppo bene!
    Grazie Andrea!!
    Giovanna

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  4. Sono una "antica" ex allieva di don Fusi, indimenticabile prof. di religione alla media " G. Cesare"; sono passati 50 anni, non lo dimenticherò mai!! Rosa Maria

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