mercoledì 19 gennaio 2011

Bruna Brembilla: “Con Podestà il Parco Sud rischia di sparire”

Non soffia certo una gran bell’aria tra gli alberi e i campi del Parco Agricolo Sud Milano. Basta una chiacchierata con Bruna Brembilla, che del Parco è stata presidente fino a quasi un paio di anni fa, per farsene un’idea precisa.

Qual è lo stato del Parco ?
“Il Parco è politicamente e anche di fatto abbandonato”, ci risponde senza troppi giri di parole, “basti dire che il Direttivo del Parco si è riunito quattro volte in due anni circa, mentre noi ci riunivamo ogni 15 giorni. E non per far conversazione ma per decidere, ascoltare le istanze dei comuni, progettare. Aggiungo che è anche privo di uno strumento di comunicazione e che il sito internet è agonizzante, praticamente aggiornato a due anni fa”...


E’ così importante l’aspetto “comunicazione”?
“Per il Parco lo è moltissimo, uno degli aspetti che più mi colpirono quando ero presidente era la scarsa conoscenza di questa realtà, molti neppure sapevano di risiedere all’interno del Parco e se non sei consapevole di far parte di una determinata realtà identificabile, la disaffezione e l’indifferenza diventano inevitabili”.

Di chi la responsabilità?
“Di chi lo gestisce ora, centrodestra e presidente Podestà in testa. Il centrodestra prosegue nella tradizione di assegnare la presidenza allo stesso presidente della Provincia che - tra l’altro - si occupa anche di questo, molto tra l’altro. Prosegue insomma la linea Colli che definiva il Parco un ferrovecchio. Lei lo diceva esplicitamente, questi non lo dicono ma lo trattano come tale attraverso immobilismo e assenteismo, lo fanno spegnere in poche parole”.

Stesso destino per i Punti Parco?
“Stesso destino, di nuovi non ce ne sono stati, quelli esistenti si lasciano a se stessi. Qualche soldo di finanziamento, meno che in passato ma meglio che niente, e i Punti Parco vivacchiano in questa sorta di autonomia di sopravvivenza. Per noi erano momenti di protagonismo per le associazioni e le persone che se ne facevano carico, veri e propri presidi territoriali, un esempio di sussidiarietà. Erano appunto un modo per avvicinare la realtà del Parco non solo a chi vi risiedeva ma una forma di accoglienza e coinvolgimento di chi veniva dal capoluogo, perché il Parco doveva e dovrebbe essere sentito soprattutto da chi vive in città. 
Da qui nacque l’idea del mercato di Largo Marinai d’Italia e tutte le iniziative che hanno fatto scoprire che il Parco non era solo un luogo dove stare tra il verde, ma una grande realtà economica, con i suoi prodotti, le sue aziende agricole, un valore ambientale ma anche economico, sociale e culturale. Unica iniziativa presa dalla nuova gestione l’assegnazione del Marchio, l’esito finale di un lavoro fatto da noi in passato ma nel quadro di un progetto mirato a premiare chi opera nel Parco nel rispetto del territorio e valorizzando le sue risorse”.

Che rischi corre il Parco?
“Rischi gravi. Quello della speculazione prima di tutto. Se si abbassa la guardia può succedere davvero di tutto. Noi non facevamo del conservatorismo bucolico, eravamo pronti a fare del Parco un luogo vivibile e fruibile, non stavamo lì a difendere il filo d’erba, ma un patrimonio che potesse essere vissuto e sentito proprio dalla collettività. Avevamo un progetto. Senza progetto resta solo la mancanza di regole, il via libera agli appetiti che non mancano e infatti…”

Infatti?
“Infatti l’unica proposta che Podestà porta avanti è quella relativa alla riduzione dei vincoli, non in quadro concordato di sviluppo della fruibilità del Parco, ma riduzione tout court. Chi parla più dei Piani di cintura che avevamo messo in campo?. Eppure erano importanti proprio perché coinvolgevano i comuni più vicini a Milano, una sorta di zone miste tra agricolo e urbano, quelle più a rischio. Lo ripeto l’assenza di regole e progetti può realmente portare al dissolvimento apparentemente indolore, ma gravissimo per tutti, del Parco Agricolo Sud Milano”.

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