martedì 12 aprile 2011

SPORT - Quando in campo scendono i genitori “ultrà”

Seguo mio figlio, nove anni, sui campi di calcio di Milano e Provincia, da circa tre anni. In questo lungo peregrinare ho incontrato centri sportivi ottimi, altri meno buoni, altri a volte sinceramente scadenti. Ho incontrato anche i genitori dei giovanissimi atleti, oggi appartenenti alla categoria pulcini 2002, moltissimi correttamente appassionati, alcuni un po’ sopra le righe ma nulla di più, qualcuno a volte innocuamente esagitato, ma mai ho conosciuto madri e padri, le prime soprattutto, come quelli che ho avuto la sventura di incontrare nella giornata di sabato 9 aprile sul campo de La Biglia, la società di mio figlio, a Cornaredo, che incontrava la squadra dell’Alcione B di Milano, società di una certa notorietà in campo dilettantistico... 


Ne tratto qui anche se il fatto è relativo ad un episodio avvenuto fuori dalla nostra area di diffusione, perché comunque la squadra milanese calca anche i campi del nostro territorio. Una sorta di avviso ai naviganti, potremmo definirlo. Cosa è accaduto? E’ accaduto che i genitori-ultrà vedendo la loro squadra soccombere, inaspettatamente, hanno accusato la società avversaria di avere schierato la formazione migliore mentre la loro era, diciamo così, di seconda fascia. 

La società di Cornaredo non opera una rigida selezione e comunque fa ruotare abitualmente, e senza mai avere avuto contestazioni in merito, le tre compagini che ha iscritto nei tre gironi cui prende parte. Si aggiunga che la stessa formazione aveva incontrato settimane prima la squadra in competizione con l’Alcione per la conquista del primo posto. Ma ciò è parso comunque inaccettabile soprattutto alle madri-ultrà dell’Alcione, fra cui faceva bella mostra di sé una signora tanto alta quanto proporzionalmente volgare e grossolana nei comportamenti e nel linguaggio. 

Il tutto si è tradotto nell’intonazione insistita di cori ostili in cui spiccavano le espressioni “Vergogna” e “Siete nessuno”, indirizzati non ai dirigenti avversari (il che sarebbe stato comunque grave) ma direttamente ai giocatori in campo, bambini di 9 anni (piuttosto colpiti quelli a cui le espressioni erano indirizzate, ma attoniti anche i figli di così stimabili educatori). L’allenatore dell’Alcione, invitato a farlo, si è rifiutato di intervenire per calmare i bollenti spiriti delle signore (termine esclusivamente tecnico stante il fatto che di signorilità non vi era traccia alcuna). Mi pare giusto segnalare questo episodio non solo a chi ci legge ma anche alla società di “appartenenza” degli ultrà di cui sopra e alla Lega Nazionale Dilettanti. 

E’ questo infatti un bel banco di prova per constatare se le tante, forse anche troppe, parole che vengono proferite a proposito della funzione educativa dell’attività sportiva, hanno almeno qualche volta un riscontro nei fatti. Riscontro che ovviamente non può danneggiare i giovani calciatori, ma che dovrebbe quanto meno tenere lontano da bordo campo per un congruo arco temporale i genitori “da curva ultrà” che abbiamo avuto il poco invidiabile piacere di conoscere. 

Forse prima della tessera del tifoso occorreva pensare alla tessera di madri e padri dei pulcini.

Fulvio Scova

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