mercoledì 6 giugno 2012

CESANO - Federalismo imprenditoriale: ECARE va a Bari (Italia, ma contratti diversi) dove il lavoro costa meno

Si parla sempre di Cesano come un comune densamente urbanizzato – e così è – ma con poche aziende, poco produttivo. Eppure Cesano vanta la presenza di Ecare, una società che attualmente dà lavoro a circa 800 persone, tra cui molti cesanesi e molti che negli anni hanno scelto di vivere nel nostro territorio. Si tratta di un “business process outsourcer”, in parole povere una società che eroga servizi di call center per altri ed ha clienti molto importanti, provenienti da diversi settori, dalla telefonia all’energia fino ad enti pubblici.


La crisi ha colpito anche Ecare, che da qualche anno ha i bilanci in perdita e tenta di risalire la china cercando di contenere i costi. Le ultime scelte aziendali però non piacciono ai sindacati e preoccupano i lavoratori, tanto da decidere – per la prima volta in 12 anni di storia aziendale – di incrociare le braccia...

Da pochi giorni infatti una delle commesse è stata spostata in parte nella sede di Bari dove il costo del lavoro è minore (e permette quindi di offrire il servizio a prezzi più contenuti). Se per l’azienda questo significa mantenere un cliente che altrimenti potrebbe scegliere altri competitor (anch’essi al sud), questa politica ha incontrato la totale contrarietà dei sindacati, che chiedono alla dirigenza di “indicare in tempi brevi un piano di sviluppo che faccia capire con chiarezza come intende salvaguardare tutto il perimetro aziendale attuale”.

È valso a poco, però, l’incontro organizzato il 28 maggio in Assolombarda, ognuno è rimasto nelle sue posizioni. Con i sindacati sul piede di guerra: per domani è stato proclamato uno sciopero ed è previsto anche un presidio dalle 8 alle 13 davanti all’azienda.

Perché il timore dei sindacati è proprio questo: lo svuotamento della sede milanese in favore di altre, come quella di Bari, in cui il costo del lavoro è decisamente minore (anche perché lì i dipendenti non hanno diritto al ticket e hanno un inquadramento inferiore rispetto ai milanesi).

“Sfruttare il minor costo del lavoro per prendere la stessa quantità di volumi e conseguentemente, spostarla di sede è una politica miope e pericolosa”, dicono i rappresentanti sindacali, “vuol dire, nei fatti, accettare un gioco al ribasso che, prima o poi, può riguardare ogni sede. Questa politica indebolisce Ecare e, potenzialmente, tutto il settore: così non si combattono le dinamiche ‘malate’ che sovraintendono il rapporto fra committenza ed outsourcer ma si finisce per assecondarle”.

A sostegno dei lavori il Partito democratico cesanese ha preparato una mozione che sarà discussa in occasione del Consiglio comunale convocato per lunedì 11 giugno: si chiede al sindaco Vincenzo D’Avanzo l’impegno ad attivare con la dirigenza di Ecare un tavolo di confronto per esprimere la preoccupazione della cittadina di Cesano Boscone circa la possibile dismissione della sede locale dell’azienda.

“L’occupazione non è a rischio”, sostiene invece Ecare con il direttore operativo Pierpaolo Cantera: “Spostare commesse e ricollocare le persone è nel dna dell’azienda fin dalla nascita, dodici anni fa: le persone che non lavoreranno sulla commessa spostata a Bari, si dedicheranno ad altri clienti come è sempre accaduto, dal punto di vista operativo non c’è nessuna anomalia”. Insomma il grido d’allarme dei sindacati sarebbe un “processo alle intenzioni”, perché “noi non vogliamo spostare tutto al sud”.

I lavoratori a tempo indeterminato, quindi, sono salvaguardati, mentre come sempre è accaduto diminuirà temporaneamente il numero degli interinali: “Anche quando sono uscite altre commesse abbiamo avuto meno interinali, è purtroppo una regola del nostro settore. Vorremmo assumere tutti con contratti di lungo periodo ma è il sistema stesso che ci impone di avere una quota di lavoratori subordinati flessibili, che ci consentono di gestire eventuali cali di produzione. Abbiamo comunque altri clienti con volumi in aumento e continueremo ad assumere lavoratori interinali”. 


Ma le preoccupazioni dei lavoratori sono fondate?

“Noi Milano non vogliamo chiuderla”, assicura, “entro fine anno vogliamo portare l’azienda vicina al pareggio in modo da attirare nuovi azionisti, soggetti anche internazionali: cambierebbe il piano industriale e si darebbe respiro all’azienda, ma dobbiamo avere i conti a posto”.

Maria Ficara



1 commento:

  1. Grande Maria!!! bel pezzo!!! spero di vederti allora domattina con noi :)
    Andrea D.V.

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