Aiazzone a fondo con tredicimila truffe
«Provare per credere» è lo slogan che ha reso famoso il marchio Aiazzone. Negli anni Ottanta non c'era tv locale che non proponesse a tambur battente gli spot del mobilificio biellese, affidati al «sorriso durban's» del televenditore Guido Angeli. Vent'anni dopo, Renato Semeraro, un finanziere torinese, ci ha riprovato. Con Gian Mauro Borsano, l'ex presidente del Torino calcio ed ex deputato psi, coinvolto in Tangentopoli, che ha rilevato il marchio dalla vedova Aiazzone (il fondatore del mobilificio, Giorgio Aiazzone, è morto in un incidente aereo nel 1986) e si è presentato in tv per ripetere, ancora una volta, l'invito a comprare...
Le cose, però, sono andate male. Ora c'è un esercito di 13 mila persone che lamenta d'essere stato truffato. «Abbiamo comprato i mobili, abbiamo chiesto un prestito, ma non ci sono mai stati consegnati e noi le rate siamo obbligati a pagarle ugualmente». Non solo, tutti i punti vendita sono stati chiusi e ci sono 800 persone a spasso, dipendenti e venditori di Aiazzone ed Emmelunga (una seconda catena di mobilifici acquisiti due anni fa da Borsano e Semeraro con la loro spa B&S) rimasti senza stipendio per quasi dieci mesi.
Sui cancelli dei magazzini c'è un cartello che parla chiaro e invita «chiunque ne avesse bisogno, a rivolgersi ai nuovi proprietari», cioè alla società Panmedia di Torino, una concessionaria di pubblicità specializzata in tv locali, che fa capo a Giuseppe Gallo. Già, perché il marchio Aiazzone e la stessa società B&S sono state oggetto di una sospetta e quanto mai rapida cessione a costo zero, perfezionata prima dell'estate ma che non ha portato a nulla: Gallo ha solo chiuso definitivamente i battenti.
Intanto le denunce non si contano più, la Procura di Torino ha aperto un'inchiesta e le indagini sono affidate ai carabinieri della compagnia Mirafiori ma i fascicoli sono pronti a partire per Roma dove già a settembre, dopo un'indagine della Guardia di finanza, i sostituti procuratori Francesca Ciardi e Maria Francesca Loi avevano iscritto nel registro degli indagati Borsano, i suoi due figli Giovanni e Margherita, Semeraro e il loro socio Giuseppe Palenzona, fratello del più noto Fabrizio, banchiere, presidente di Gemina e di Aeroporti di Roma.
Le accuse sono gravi: bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, riciclaggio, truffa. Sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti le società B&S, Aiazzone Network, Emmelunga, Emmedue, Emmecinque, per un totale di 200 punti vendita in tutto il Paese.
Intanto le proteste dei 13 mila beffati si manifestano non solo con la carta bollata ma anche con continui appelli sui social network: «chiediamo, almeno, che non ci facciano pagare le rate dei finanziamenti per mobili che non abbiamo mai visto». E mentre i due protagonisti principali della vicenda tacciono, uno spiraglio si apre. Dario De Cartis, responsabile servizio clienti di Fiditalia, finanziaria di proprietà della francese Société Générale, con la quale Aiazzone era convenzionata per la cessione dei crediti, dice: «Inizialmente pensavamo si trattasse solo di qualche caso isolato di inadempienza, purtroppo non è così. Ora siamo disponibili a trattare con le associazioni consumatori, le istituzioni e con tutti i clienti di Aiazzone che si sentono truffati. Con loro cercheremo di trovare una soluzione soddisfacente».
Marco Bardesono Dal Corriere della Sera del 15 marzo 2011
BUCCINASCO
La piccola Clelia cerca casa
La piccola Clelia e la sua famiglia cercano ancora un’altra casa. Nonostante le promesse non è stata ancora trovata un’abitazione adeguata per la bambina affetta da albinismo. Anzi, la famigliola si è vista sospendere il contributo per l’acquisto delle speciali creme che la piccola deve utilizzare quotidianamente. "Da qualche mese a questa parte non è cambiato nulla - spiega la mamma di Clelia, Simona Croce - siamo sempre in questa casa che non è per nulla idonea alle esigenze della nostra famiglia ma in modo particolare per Clelia.
Non solo, ci hanno sospeso il contributo per l’acquisto delle creme e visto che per non gravare troppo sulle casse del Comune la scuola non aveva chiesto i contributi per i libri speciali che Clelia deve utilizzare ora siamo anche senza libri di testo".
Qualche mese fa il sogno della famigliola composta da cinque persone (tre bimbi e mamma e papà) che vive in una casa Aler di 50 metri quadri si è infranto per un dietrofront dell’amministrazione comunale. Così a causa delle piccole dimensioni dell’alloggio e della luce estremamente bassa per non danneggiare la vista, la piccola continua ad andare a sbattere contro le pareti di quella che dovrebbe essere la sua casa ma che, in realtà, si sta trasformando in una prigione.
"Quando è stata annullata la delibera, non ci si è preoccupati di trovare un’alternativa capace di risolvere la situazione. Questo nonostante in più occasioni, come commissione Servizi alla persona avessimo fornito diverse indicazioni possibili – spiega il presidente della commissione, Sebastiana Basile della maggioranza –. Non solo. Non si interviene a favore delle persone in difficoltà ma in più si tagliano anche contributi fondamentali come l’acquisto delle creme, un costo che incide notevolmente nell’economia domestica di questa famiglia".
Infatti per proteggersi dai raggi solari, per mantenere idratata la pelle particolarmente delicata, Clelia non può utilizzare i saponi e le creme comuni: ogni mese, vengono spesi circa 300-400 euro come minimo. "Tagliano sul sociale ma continuano a finanziare feste inutili – prosegue Sebastiana Basile – la cosa più scandalosa è che nessun assistente sociale ha mai realizzato un progetto da portare in giunta per risolvere questa annosa situazione. Per questo, chiedo le dimissioni dell’assessore alla partita".
Francesca Santolini, da Il Giorno dell’8 marzo 2011
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