lunedì 28 marzo 2011

ITA(G)LIA - Con l’election day si risparmiavano 300 milioni. Ma i soldi per la cultura si cercano nelle tasche degli italiani

Un cittadino intento nel tentativo di fare il pieno

La benzina fa il pieno alla cultura: con quest’immagine potremo riassumere la decisione da parte del Governo italiano per finanziare lo spettacolo. Il Fondo è stato reintegrato grazie alla scelta di tassare di 1-2 centesimi la benzina, evitando cosi di aumentare il biglietto dei cinema, come si era pensato in un primo momento, causando la rivolta di tantissimi utenti e addetti ai lavori...

La soluzione è arrivata subito dopo le dimissioni di Sandro Bondi da Ministro della Cultura, sostituito da Giancarlo Galan. Tornano, quindi, i 149 milioni di euro mancanti del Fondo unico per lo spettacolo e verranno stanziati, inoltre, 80 milioni di euro per tutelare il patrimonio archelogico e storico del nostro paese.

L’aumento della benzina ha, però, alimentato le proteste dei consumatori e delle associazioni di categoria, che calcolano l’aumento in circa 20 euro per automobile in un anno. Secondo Federconsumatori i fondi sulla cultura si sarebbero potuti raccogliere dalle accise attuali, senza la necessità di dover tassarle ancora, a discapito dei cittadini.

In realtà sarebbe stato sufficiente unificare le prossime elezioni amministrative con i previsti referendum e si sarebbero risparmiati 300 milioni di euro. Pur di sabotare l’affluenza alle urne nelle consultazioni referendarie si è però preferito mettere le mani nelle tasche dei contribuenti. 

Ecco perché oggi la benzina ci costa più di 1 euro e mezzo al litro 

Il prezzo all’utente finale dovrebbe essere così composto: 
- costo del prodotto raffinato 
- costo del deposito del prodotto su deposito costiero 
- trasporto primario 
- costo di stoccaggio sul deposito interno 
- trasporto secondario 
- spese di ufficio 
- spese punto vendita 
- margine per il gestore 

Tutte queste voci insieme, ammontano circa al 30% del costo reale del carburante. Dopodiché bisogna aggiungere le ormai famosissime accise che pesano per il 52% ed infine l’imposta sul valore aggiunto (IVA) che come tutti sanno è del 20%…percentuale calcolata però sia sul 30% del costo reale del carburante, cosa teoricamente corretta, sia, incredibile ma vero, sulle accise. Questa operazione genera quindi un’imposta calcolata su altre imposte che peraltro non avrebbero più motivo di esistere. 

Molte delle accise italiane infatti furono introdotte come “temporanee” per far fronte a svariati eventi “straordinari“, ma nonostante il venir meno della causa ad oggi non risultano ancora rimosse.

Di seguito vi elenchiamo le accise in vigore: 

- 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935 (0,001 euro); 
- 14 lire per la crisi di Suez del 1956 (0,007 euro); 
- 10 lire per il disastro del Vajont del 1963 (0,005 euro); 
- 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966 (0,005 euro); 
- 10 lire per il terremoto del Belice del 1968 (0,005 euro); 
- 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976 (0,051 euro); 
- 75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980 (0,039 euro); 
- 205 lire per la missione in Libano del 1983 (0,106 euro); 
- 22 lire per la missione in Bosnia del 1996 (0,011 euro); 
- 0,020 euro (39 lire) per rinnovo contratto autoferrotranvieri 2004.

Il tutto per un totale di 0,25 euro (486 lire). Su queste accise come già detto viene applicata l’IVA, per un totale di 0,30 euro. 
Inoltre, dal 1999, le Regioni hanno la facoltà di tassare i carburanti. 

L’Associazione consumatori ha dato la notizia secondo la quale per ogni 25,82 * (le vecchie 50.000 lire) di benzina pagate al distributore 18,07 * (35 mila di vecchie lire) sarebbero di tasse tra accise e Iva 

Ipotizzando infine che in Italia si eroghino circa 100 milioni di litri di benzina al giorno, moltiplicando 0,25 euro (accise) per 100 milioni di litri erogati, si ottengono 25 milioni di euro che ogni giorno noi cittadini versiamo allo Stato per finanziare la guerra in Abissinia e l’alluvione di Firenze, eventi avvenuti rispettivamente 76 e 45 anni fa.

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