Nei bar, sui mezzi pubblici, nei cortili e sui pianerottoli dei condomini, ha sostituito chiacchiere, pettegolezzi, discussioni a tema calcistico e , per chi ancora amava farli, dibattiti politici, nella Grande Città come ovunque. Stiamo parlando del digitale terrestre, quell’innovativo sistema di trasmissione presente negli USA da ben 13 anni e spacciato da noi come straordinaria novità. Donne e uomini, giovani e anziani, (i più colpiti dalla novità) si scambiano informazioni e “dritte”, a volte con spavalda sicurezza, altre con il bisbiglio tipico di carbonari e congiurati. Ma il risultato è sempre quello: quel che vedi il lunedì, non vedi più il martedì, quando hai la certezza di avere il tuo bel palinsesto di canali in ordine, tutto sparisce all’improvviso...
Lo ritroverai certo, un po’ per volta, centellinato dal misterioso impianto tecnologico che dispensa o meno i suoi favori con bizzarro senso dell’umorismo: qualche canale si sarà spostato, qualche altro si frantumerà sotto i tuoi occhi come un puzzle impazzito, uno lo senti ma non lo vedi, un altro lo vedi ma non lo senti, oppure sinistri scricchiolii ti faranno sobbalzare all’improvviso sul divano. Unico a guadagnarci, involontariamente ovvio ma forse non di malavoglia, il direttore del TG 1 Minzolini: una delle reti più colpite dalla truffa del digitale pare infatti proprio “la 7” che con il TG delle otto di sera aveva portato via parecchio ascolto al telegiornale ufficiale della TV italiana .
Esito finale: chi solo a quell’ora può accedere all'informazione televisiva, “obtorto collo” torna mestamente al TG di Rai Uno (15 minuti di pseudo informazione politica e altri 15 di puro “kazzenger” tipo “gli italiani al mattino amano cappuccino e brioche” e la colazione “la fanno in casa o al bar?”) con probabile risalita dei dati Auditel. Quel che non ha potuto la professionalità, ha potuto la tecnologia tarocca.
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