mercoledì 22 febbraio 2012

GAGGIANO - Safosa: i lavoratori rischiano di perdere tutto

Rischiano di perdere posto e ammortizzatori sociali i 279 dipendenti della Safosa (ex Uniliver) di Gaggiano (a cui se ne aggiungono altri duecento dell’indotto). L’azienda (un tempo) leader nella produzione di cosmetici è in liquidazione volontaria dal 14 febbraio e potrebbe chiudere entro la fine dell’estate, visto il bilancio in negativo di diversi milioni di euro. Già da circa tre anni molti dei dipendenti sono in cassa integrazione, ma con la liquidazione questa viene a mancare: cinquecento lavoratori (e le loro famiglie) rischiano quindi di rimanere non solo senza lavoro ma anche senza alcuna minima tutela... 


Lunedì 20 febbraio è stato organizzato uno sciopero di otto ore e un presidio ad Assolombarda in occasione di un incontro tra sindacati e proprietà, che però non ha dato esiti positivi. Mentre venerdì 17 il Partito democratico del Corsichese e il circolo di Gaggiano hanno organizzato un incontro con le delegazioni sindacali in Comune a cui ha partecipato il sindaco Franco Miracoli insieme al parlamentare Pd Vinicio Peluffo e al consigliere regionale Franco Mirabelli.  


Ma la situazione sembra bloccata. “Abbiamo chiesto all’azienda di assicurare ai lavoratori almeno le tutele”, ci ha spiegato Cinzia Liosi della Rsu, “la proprietà potrebbe fare richiesta della cassa integrazione straordinaria”. Ancora però nulla è stato deciso: “Durante l’incontro in Assolombarda la proprietà ci ha parlato di un ipotetico nuovo acquirente chiedendoci di accettare subito un nuovo piano industriale come condizione per avere la cassa integrazione straordinaria”, ha aggiunto Angelo Castigliani (Rsu). 


Il sindacato ha rifiutato: “Prima vogliamo le tutele poi possiamo sederci al tavolo e valutare nuove proposte: non si ricattano così 500 famiglie”. Senza la cassa integrazione straordinaria, tutti i lavoratori tornerebbero a carico dell’azienda e quindi il buco in bilancio continuerebbe ad aumentare: “Siamo noi ora ad aspettare una risposta”, conclude Castigliani.


(Redazione)

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