Anche in occasione dell’inusitata ondata di maltempo con corredo di neve e gelo che ha colpito l’Italia in questi giorni, a trovarsi in rima fila di fronte alla cittadinanza sono stati gli amministratori locali e, primi tra loro, i sindaci. Qualcuno se l’è cavata bene, qualcuno meno, qualcuno ha scoperto di dover pagare un ticket per l’intervento dei corpi militari (il che la dice lunga sullo stato del Paese e sullo stato dello Stato), tutti comunque sono stati i bersagli privilegiati di critiche e congratulazioni. Il che manda in pensione definitiva il vecchio proverbio “Piove (o nevica) Governo ladro!”...
Tanto più con questo Governo di cui è obbligatorio dir bene sempre e comunque, se non ci si vuole esporre all’accusa infamante di ignorare l’interesse del Paese tutto o a quella, ancora più infamante, di rimpiangere Berlusconi (a quanto pare la scelta è o Berlusconi o Monti, altre possibilità non sono contemplate dai saccenti dottori del senso di responsabilità). L’ordine stretto è quello di obbedire e credere, anche quando i nostri figli vengono accusati di accidiosa pigrizia, mancanza di spirito di avventura, eccessivo attaccamento al posto fisso di lavoro.
Mentre i loro figli, quelli dei ministri e del primo di loro compreso, sono stati accucciati, imboscati si diceva un tempo, in tranquilli posti fissi (in Università, Consigli di amministrazione e via dicendo, “mica cotiche” insomma) a due passi da casa. Un vero esempio di pubbliche virtù (conclamate) e vizi privati (praticati).
Fulvio Scova
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