I fatti in breve. Sabato 27 ottobre il Consiglio comunale di Cesano si è riunito per discutere sulla rideterminazione dell’aliquota Imu sulla prima casa.
La proposta dell’Amministrazione prevedeva un aumento di mezzo punto: da 4,5 per mille (stabilito a giugno) a 5 per mille. Con la possibilità per l’Ente di incassare circa 200 mila euro rispetto a quanto previsto inizialmente.
La delibera non è passata, a causa di una spaccatura della maggioranza.
Tre consiglieri del Partito democratico (Filippo Capuano, Giuseppe Ursino e il presidente del Consiglio comunale Nicola Bersani) hanno espresso voto contrario insieme a tutta la minoranza...
E sono proprio le forze di minoranza – Pdl, Lega e lista civica La Svolta – a chiedere nei giorni successivi le dimissioni del primo cittadino e della sua squadra di governo: “La minoranza, visto l’ennesimo scontro nel Pd, responsabile del mancato rispetto del patto di stabilità e di 500 mila euro di tagli al comune”, scrivono in un comunicato stampa, “chiede le dimissioni della giunta e del sindaco D’Avanzo”.
“Abbiamo bocciato la proposta della giunta di aumentare l’aliquota Imu”, spiega il capogruppo del Pdl Santi Raimondo, “perché aumentare la pressione fiscale sulla prima casa sarebbe stata una scelta ingiusta e iniqua: la casa è un bene primario nel quale spesso sono state investite le fatiche di una vita e sulla quale si ripone la prospettiva di un futuro sereno per i figli”.
“Nel momento storico che stiamo vivendo”, continua Raimondo, “la casa di proprietà rappresenta un mezzo che può dare serenità alla famiglia, il nucleo primario su cui si fonda la società. È necessario quindi che la casa sia poco tassata, sia quando è posseduta, sia quando è acquistata o venduta”.
Diverso il ragionamento di Simone Negri, capogruppo del Partito democratico: se spesso negli ultimi mesi si è mostrato critico nei confronti del sindaco, questa volta difende la scelta della dell’Amministrazione e parla di “un’opportunità buttata alle ortiche”, aggiungendo: “Speriamo di non dovercene pentire”.
“Sebbene a voce si continui a dire che l’Imu in futuro sarà destinata integralmente ai Comuni”, afferma il consigliere, “ad oggi la situazione va proprio nel senso opposto. Già in origine si era detto che su un totale di 11 miliardi, 9 sarebbero stati destinati allo Stato, solo 2 ai Comuni”. All’inizio di ottobre, riferisce Negri, con il decreto legge 174 il governo ha chiesto ai Comune l’impegno sul fronte della riduzione del debito, “destinando una cifra che per noi si dovrebbe attestare intorno ai 200 mila euro”. In caso contrario il Comune verrebbe sanzionato con un taglio ai trasferimenti proprio di 200 mila euro: l’aumento dell’Imu quindi sarebbe servito a ridurre il debito e scongiurare un ulteriore taglio. In un momento – con più di metà dell’esercizio finanziario alle spalle – in cui risulta difficile trovare altre risorse disponibili.
“I nostri consiglieri che hanno espresso voto contrario – continua Negri – hanno sostenuto che tali risorse fossero da ricercare attraverso un oculato lavoro di riduzione della spesa”. Alla revisione della spesa in effetti l’Amministrazione sta lavorando, si è formata una commissione ad hoc, ma secondo Negri i risultati non arriveranno prima del prossimo anno.
Insomma l’aumento dell’Imu era necessario. E ora che succederà?
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