Richiama parecchia folla venerdì 26 ottobre alla Sala della Trasparenza, il responsabile della Comunicazione di Matteo Renzi, Giorgio Gori, già celebre di suo in qualità di manager televisivo, prima di Mediaset poi di Magnolia, sostenitore della via nuova renziana e per proprietà transitiva anche della cosiddetta “rottamazione”. Certo la sala è piena, ma circa il 70% dei presenti appartiene proprio a quella fascia di età che sarebbe candidata alla rottamazione politica (la gioia con cui però viene accolto il termine suggerisce un certo spirito autolesionista dei presenti, se non proprio una propensione al suicidio politico). Insomma moltissimi ultrasessantenni o giù di lì, sparuta pattuglia di under 40, quasi zero gli under 30 (organizzatori a parte)...
Carlo Rognone introduce la serata (che sarà moderata da Francesca Santolini del Giorno) rivolgendosi agli “amici” del PD (il termine compagni è abolito in quanto appartenente al secolo scorso, forse gli sfugge che quello di “amici” era assai in voga tra la DC degli anni 60, sempre del secolo scorso, insomma così si chiamavano tra loro Fanfani, Rumor, Piccoli, Andreotti, non certo un richiamo al nuovo che avanza. Non sarà comunque l’unica sfasatura cronologica della serata). E nonostante il nuovismo che la fa da padrone di casa, il conduttore non può esimersi dal fare la riverenza ai consiglieri comunali presenti in sala, la più parte dei quali, anche loro, in odor di rottamazione anagrafica.
Gori puntualissimo, onore al merito, arriva in camicia bianca senza cravatta e con jeans come si addice ad una figura informale della politica, ma anche con capelli tintissimi monoblocco, debolezza comprensibile per il probabile timore che un qualche capello bianco lo possa destinare al ruolo di vittima di un’improvvisa purga rottamatoria. Giorgio Gori si presenta subito, a scanso di equivoci, come figura dall’esperienza politica piuttosto recente, il che lo toccheremo con mano durante il dibattito. Ricorda che in questo stesso momento al PalaMandela di Firenze, Renzi sta dando il via alla seconda fase della sua campagna : non più solo “Adesso!” bensì “Cambiamo l’Italia! Adesso!”.
Spiega di essere sceso in campo perché colpito dalla condizione del Paese, per combattere quel sentimento per cui la gente avverte la politica come fenomeno deteriore. Fornisce un quadro del movimento renziano improntato alla partecipazione quasi assembleare degli aderenti, senza capi e capetti e responsabili (l’unico deve essere lui, dato che sui manifesti viene presentato appunto come “responsabile della comunicazione”; manifesti piuttosto anonimi, tra l’altro, non vi compare neppure il simbolo del PD, come qualcuno farà notare, insomma a guardarli e a non saper nulla non si capisce bene di che primarie si stia parlando, ma per fortuna siamo tutti informati).
Ci ricorda che Renzi e i suoi nascono da una rottura ideologica e culturale con il passato, rispettabilissimo ma del tutto passato appunto, così come ispirò Veltroni al Lingotto: una rottura netta con la tradizione novecentesca in poche e assai povere parole. Un richiamo arditamente acrobatico quello di Gori, se si tiene conto che proprio immediatamente prima si era dichiarato erede, lui e i suoi, della tradizione democratica e liberale dei fratelli Kennedy che, se ben ricordiamo, appartengono alla metà del Novecento. Insomma non è il caso di andare troppo per il sottile, c’è passato e passato; quello di Togliatti e Berlinguer (ma anche Nenni e Moro supponiamo) sa di stantio, quello dei Kennedy profuma di Primavera).
Comunque il fine ultimo è un Paese diverso e moderno, il dimezzamento di parlamentari e relativo stipendio, fine del bicameralismo, basta soldi ai partiti come da referendum del tempo che fu, tagli alla spesa corrente, sostegno selettivo alle imprese e non a pioggia come accade ora, basta sprechi per infrastrutture che poi non si vedono mai in concreto, utilizzo dei fondi europei che ora restano inutilizzati per oltre il 50%, niente matrimoni e adozioni per le coppie gay, ma parità di diritti.
Dulcis in fundo una detrazione fiscale della tassazione alle persone fisiche pari a cento euro mensili (obiettivo annunciato subito dopo la raccomandazione di non cadere nella trappola della credulità verso chi fa promesse destinate a blandire l’elettorato). Molte domande dal pubblico, risposte un po’ generiche e qualche ardita prospettiva politica. A proposito di future alleanze, sollecitato dalla sala, Gori spiega che il patto non è con i partiti ma con gli elettori (insomma alleanze dal basso come ai tempi del Comintern e dell’unità antifascista solo dal basso con i socialisti, il maledetto ‘900 ogni tanto fa capolino a insaputa di oratore e uditorio).
L’obiettivo, in caso di vittoria e relativa candidatura a premier di Renzi, è il 40% (quindi dato che mancherebbe sempre il 10,1% per avere la maggioranza, il problema delle alleanze resta sempre lì e dato ancora che in Parlamento ci vanno gli eletti e non tutti gli elettori del patto di cui sopra, con qualcuno bisognerà pur trattare, aggiungiamo noi). Tutto sommato una cortese serata di tranquillo riformismo, con un certo sapore di già visto e già noto. Chi si aspettava una sciabola ha trovato un innocuo coltellino svizzero, chi uno scalpitante puledro purosangue, un semplice pony. Con la criniera tinta, oltretutto.
Fulvio Scova
Complimenti per l'articolo, dieci al giorno così e finalmente Renzi vince le primarie... pregnante la parte sulla tintura (ha omesso la marca) e pregnante la parte sui diritti civili (toglierà le adozioni alle coppie gay quel cattivone di Renzi, smonterà i diritti civili millantati in Italia dalla sinistra!!). Certo però caro autore che ha dimostrato un ottimo sfoggio di cultura, complimenti... promosso alla maturità!
RispondiEliminaBrillante e spiritoso.
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