venerdì 2 dicembre 2011

RAPPORTO CENSIS 2011 - Questo non è un Paese per giovani

La crisi economica in Italia ha colpito in particolar modo i giovani. Lo sottolinea il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) nell'indagine contenuta nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011. “La crisi si è abbattuta come una scure su questo universo: tra il 2007 e il 2010 il numero degli occupati è diminuito di 980.000 unità e tra i soli italiani le perdite sono state pari a oltre 1.160.000 occupati”. 

In tempi di crisi, gli italiani riscoprono il valore della responsabilità collettiva: il 57,3% é disponibile a fare sacrifici per l'interesse generale del Paese. Anche se il 46% di questi lo farebbe solo in casi eccezionali... 

“Mentre l'occupazione ufficiale stenta a dare segnali di ripresa, quella sommersa sembra al contrario dare prova di tenuta e trarre semmai un nuovo stimolo di crescita dal difficile momento”. A partire dal 2008, a fronte di un calo generalizzato dell'occupazione regolare (-4,1%), quella informale aumenta dello 0,6%, portando il livello di irregolarità del lavoro nel 2010 alla soglia del 12,3% e lasciandosi alle spalle i positivi risultati di un decennio. 

“I cittadini e le imprese si trovano a fare i conti con un sistema dei servizi che mostra evidenti segnali di criticità”: lo sottolinea il Censis nel 45/o Rapporto sulla situazione del Paese spiegando che “la politica di riduzione della spesa pubblica che ha contrassegnato gli ultimi 3 anni, e che segnerà anche il biennio 2012-13, realizzata in molti casi attraverso tagli lineari, sta lasciando il segno”. In particolare il trasporto pubblico locale, già “inadeguato” è stato “drasticamente ridimensionato”. 

Pensione integrativa? No grazie
Circa l'80% delle famiglie italiane non manifesta alcuna volontà di aderire a schemi previdenziali integrativi in futuro e addirittura in 1 caso su 10 ignora completamente il tema: lo rende noto il Rapporto Censis 2011, secondo il quale tra i capifamiglia occupati la remora principale avanzata, in special modo tra i più giovani, “é il costo in relazione allo stipendio disponibile”, mentre la necessità di integrare la propria contribuzione previdenziale viene più spesso rifiutata e considerata “iniqua” dai capofamiglia di età più avanzata. Ma la scarsa propensione a prendere in esame l'ipotesi di aderire a polizze previdenziali integrative, viene sottolineato, é propria anche di capofamiglia under 40 (il 40% contro una media del 20,4%). 
  
I figli degli immigrati studieranno
Una buona parte degli stranieri immigrati nel nostro Paese dimostra ottimismo e fiducia verso il futuro, convinta di essere entrata “in un circuito di crescita, non facile né senza ostacoli, ma progressivo”. In quest'ottica, rivela il Rapporto del Censis, la formazione scolastica viene vista dagli immigrati come lo strumento più importante per garantire un percorso di crescita, tant'é che il 98,4% di questi farà studiare i propri figli, a fronte di un 20% che pensa che studieranno il minimo indispensabile (quota che per gli italiani si attesta al 29,5%). 

E' forte quindi negli immigrati la certezza che il grado di conoscenza possa migliorare nel complesso la qualità della vita dei propri figli, rappresentando uno strumento di riscatto sociale. Dato che viene confermato da un 75,8% che sogna un traguardo finale con il conseguimento della laurea (contro un 64,5% dei nostri connazionali). In ogni caso, rileva ancora lo studio, ben il 74,2% dei genitori immigrati (contro un 40,6% dei genitori italiani) è convinto che i figli riusciranno a trovare la propria strada e conquistare condizioni di vita migliori rispetto a quelle da loro vissute, soprattutto nell'ambito del lavoro dipendente (71,7%), in quello autonomo (53,2%), nello sport (75%) e, parzialmente, nella politica (45,7%). 

Comuni a rischio di collasso sociale
Le risorse che i Comuni destinano al sociale nell'ultimo triennio hanno subito tagli pesantissimi: basti pensare che il Fondo nazionale per le politiche sociali è passato dal 2008 al 2011 da 929,3 milioni di euro a meno di 220 milioni, il Fondo per la non autosufficienza nel 2011 non è stato finanziato, e sforbiciate profonde sono state date anche agli altri fondi sociali nazionali. Oltre il 40% delle risorse per il sociale dei Comuni è impiegato per famiglie e minori, il 21,2% per gli anziani, una quota simile per i disabili e il 7% circa per la lotta alla povertà. 

A subire l'impatto negativo dei tagli saranno in primo luogo loro, ma anche gli occupati nel sociale. Nell'immediato futuro il rischio di default sociale nei Comuni - secondo il rapporto del Censis - è nelle cose, perché avranno molte meno risorse a fronte di un ipotizzabile brusco incremento di domanda sociale indotto, tenuto conto che sono stimate in circa 1,8 milioni le famiglie che escono dal rischio povertà grazie ai trasferimenti sociali, molti dei quali sotto tiro. 

Inoltre tra il 2006 e il 2010 sono aumentate del 14,6% le famiglie in condizione di deprivazione, che ora sono 4 milioni, é aumentato di oltre 1 milione (sono 4,1 milioni in totale) il numero di famiglie che hanno intaccato il patrimonio o contratto debiti. Le coppie con figli in povertà assoluta sono aumentate del 37%, le monogenitoriali in povertà assoluta sono aumentate del 72,3%, le famiglie numerose in povertà assoluta sono aumentate del 41,6%. E le famiglie senza alcun componente occupato sono diventate almeno 2,5 milioni in cui vive poco meno del 6% dei minori. 

Focus Talk Show
Quando va in onda un talk show politico, davanti alla televisione si siede il 49,8% degli italiani. L’utente tipo dei talk show politici è di sesso maschile (52,9%), over 65 (56,7%), residente in un Comune di medio-grandi dimensioni (57,1%), del Centro Italia (60,2%). A seguire la politica in tv è prevalentemente un pubblico maturo: il 56,7% degli anziani (65 anni e oltre) dichiara di guardare questi talk show, così come il 54,2% dei 30-64enni. Al contrario, quasi il 70% dei giovani tra i 14 e i 29 anni non li segue affatto. 

Inoltre, tra quanti dichiarano di non seguire i talk politici perchè non interessati alla politica, spiccano i più giovani con una quota del 63,9%. Proprio i giovani, con il 52,1% delle risposte, dichiarano anche che non li seguirebbero per nessun motivo. Quanto alle ragioni che spingono i 49,8% degli intervistati che segue i talk show politici, più della metà (il 58,6%) ha segnalato l’interesse ad approfondire i temi politici. 

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