mercoledì 16 gennaio 2013

2013 Odissea nell'impresa - Chi ci vuole morti?

...se chiude l'officina meccanica, l'idraulico, il tornitore, il ristoratore o il fabbricatore di borsette, il vetraio, il cartolaio, il ferramenta o il tappezziere, saremmo tutti più poveri! 


La micro, piccola o media impresa, da sempre protagonista assoluta del benessere Italiano è stata completamente ferita, uccisa: in ogni caso abbandonata

Nel nostro territorio da Corsico a Trezzano da Buccinasco a Rozzano come in tutto il sud ovest milanese e in Italia, ogni partita iva ha costruito nel tempo, quel benessere materiale e morale, per almeno 10/12 persone che compongono il nucleo famigliare di due o tre dipendenti. Quel benessere che oggi non c’è più o è ridotto a 3/4 persone al massimo
Un esempio che vale per tutti: Buccinasco 2400 partite iva con circa 28.000 residenti (1 partita iva per ogni 11,5 residenti – circa)...

La sfida all'ultimo centesimo è l'odissea a cui si va incontro ogni giorno: contro un nemico inarrestabile. Sempre più in solitudine, ogni giorno l'imprenditore deve affrontare banche assenti, fornitori incazzati, dipendenti delusi, tasse della prima e dell'ultima ora e poi lei la padrona delle nostre imprese...l'Agenzia dell'entrate pronta a domandare, pretendere quello che in altra forma ha già preso, la vittoria è nelle sue tasche con l'aiuto della politica imbecille che profetizza miglior futuro a condizione di chi ci sia al governo; Monti o Tremonti, Bersani, Alfano o Maroni, con uno o con altro non succederà assolutamente nulla.

Cosa fare? Quando nel bilancio della “familiare” la perdita è assicurata e di pareggio neanche a parlarne.....che fare..? Il patrimonio è ritornato a finanziare l'azienda ma per restare nel mercato non basta, c’è bisogno di credito, affiancamento reale, fiducia da parte delle banche del governo delle istituzioni.

L’indifferenza sociale, politica da parte dello stato=agenzia dell’entrate ha generato l’odissea dell’impresa. Ultimo patrimonio rimasto è la forza di volontà, il cuore e il desiderio dell’imprenditore titolare della piccola o media impresa, tanta ricchezza che difficilmente si potrà disperdere a meno che l’agenzia dell’entrate attraverso la guida politica non tassi anche quella.

Nel frattempo nel 2013 l’odissea continua e siamo sulla terra, non nello spazio. La domanda nasce spontanea, cosa fare? La soluzione nascerà certamente da ciascun “eroe dei tempi d’oggi” che resta l’imprenditore che continuerà a lottare senza perdere la dignità e con il desiderio di nuovo futuro.

Renato Caporale



PMI: una crisi che colpisce il cuore dell’economia

Sud Ovest Milano, «le pmi chiedono risposte concrete»
«Quello che emerge dall’indagine congiunturale è l’impellente bisogno dell’imprese di risalire la china di questa discesa. Le pmi stremate dalle difficoltà chiedono risposte concrete, per la sopravvivenza delle aziende stesse e dell’occupazione che garantiscono. La consapevolezza è, infatti, che se non si esce da questa situazione di perdurante incertezza la parte di pmi, che registra un peggioramento nei livelli di produzione, fatturato e ordini, aumenti sempre più fino a costringere alcune realtà a chiudere i battenti. Senza l’industria manifatturiera si perdono lavoro, capacità di innovare, export». 

 Così Carlo Magani, componente di giunta di CONFAPI INDUSTRIA con delega al distretto Sud Ovest Milano, è intervenuto durante la conferenza stampa di presentazione dell’indagine congiunturale che fotografa la situazione delle pmi dell’Abbiatense e i dati previsivi per gli ultimi mesi dell’anno. Nel primo semestre 2012, il 45% degli imprenditori intervistati registra una diminuzione della produzione, del fatturato (41%) e degli ordini (47%). Il 61% delle pmi ha mantenuto stabile l’occupazione. In merito all’accesso al credito, nota dolente per molte aziende, gli intervistati si dividono tra coloro che lo ritengono più difficoltoso (44%) e coloro che non hanno invece registrato cambiamenti (46%). Il 71% delle imprese, nel primo semestre, non ha effettuato investimenti. 

 Un’incertezza, quella vissuta dagli imprenditori del territorio, fotografata anche dai grafici relativi alle previsioni per gli ultimi mesi dell’anno. La fetta degli “ottimisti”, infatti, non è molto cospicua; pesano, ad esempio, le previsioni sul calo degli ordini del mercato interno (46.3%). Nei prossimi 6 mesi le aspettative sul debito bancario a breve termine sono così state manifestate: stabile per il 55.7%, in aumento per il 27.2%, in diminuzione per il 12.9%. Sul debito bancario a medio/lungo termine si registra più o meno la stessa situazione (stabile il 59.8%, in aumento il 21%, in diminuzione il 14.2%). «Le pmi devono far fronte a molte difficoltà, ma sono anche gravate da costi che di certo non aiutano la ripresa – ha spiegato Stefano Valvason, direttore generale di CONFAPI INDUSTRIA-. 

C’è, infatti, una forte preoccupazione per l’impennata della pressione del fisco sulle imprese. Ad esempio, si temono effetti fortemente negativi in quei comuni che imporranno alle pmi aliquote IMU a doppia cifra. Molto pesante anche il divario tra il costo del lavoro che l’azienda deve sostenere per effetto di tasse e contributi sociali ed il netto che i lavoratori percepiscono in busta paga. In una fase di difficoltà come questa – conclude Valvason – le imprese non devono essere penalizzate, ma anzi bisogna dare vita ad azioni che riducano i costi per le pmi che intendono continuare a investire».

PMI: i numeri di una crisi
Investire nel Belpaese diventa sempre più difficile: Dal 2004 infatti sono scesi del 42,4% gli imprenditori in Italia, cancellati in buona parte dalla crisi, nello specifico dal 2004 al 2011 sono passati da 402mila e 232mila.L’Istatli definisce, nelle sue statistiche, "gestori e organizzatori d'impresa che prevalentemente non partecipano al processo produttivo", e sono crollati in modo verticale negli ultimi 7 anni. 

Non va meglio se si calcolano le quote rosa: le donne infatti rappresentano solo piccola parte della categoria imprenditoriale: appena il 19,6%, un quinto del totale nel 2011. Il calo ininterrotto del 42,4% emerge da dati Istat su occupati sopra i 15 anni, e ha quasi dimezzato questa categoria. Il calcolo è ancora più allarmante pensando al ribasso del 9,8% negli ultimi 12 mesi, mentre in poco meno di 10 anni emerge come la riduzione non sia solamente connessa con la crisi, ma che questa l’abbia pesantemente aggravata, con buona fetta degli imprenditori che sono creditori verso lo Stato ma che Equitalia etichetta come debitori, mettendo di fatto le loro attività in ginocchio. 

Principali cause di questa crisi dell’impresa? Il processo di aggregazione imprenditoriale e la contrazione economica. (il periodo è reso disponibile dallo storico delle statistiche Istat).Fino a quando non diventeremo colonia imprenditoriale cinese, forse nessuno si sveglierà sul fatto che occorre stanziare dei fondi a sostegno per la PMI italiana, che è poi il motore produttivo del nostro paese, ma forse allora sarà troppo tardi, e saranno più i suicidi delle aziende attive.

Marco Poggi da Corriere Informazione.it

Anche Grillo con le PMI: “Sono il cuore del Paese”
La piccola e media impresa è fuori da qualunque agenda, da quella del Governo che si interessa solo di tasse, di spread e di finanza e che ha come ministro dello sviluppo il banchiere ovetto kinder Passera. Da quella della BCE che vuole la sua libbra di carne e ci impone manovre recessive per salvare il valore del nostro debito pubblico, detenuto all’estero in prevalenza da Francia e Germania. Da quella della Confindustria dei grandi concessionari di Stato come Benetton per le autostrade, o la Marcegaglia che costruisce inceneritori con la tassa CIP6 sulla bolletta dell’ENEL. Dall’agenda della grande distribuzione che uccide le produzioni locali. E infine da quella dei sindacati che ormai rappresentano solo sé stessi. 

La piccola e media impresa è fatta da eroi. Bisogna essere eroi per fare impresa in Italia, senza servizi, con tassazioni e balzelli medioevali e con uno Stato strozzino che non rimborsa 85 miliardi di euro scaduti alle imprese, ma chiede l’anticipo dell’IVA prima dell’incasso delle fatture emesse e interessi spaventosi per ogni ritardo nei pagamenti. Senza la piccola e media impresa l’Italia non solo fallirà, ma diventerà un deserto produttivo per decenni. Tutto ruota intorno alla piccola e media impresa: lavoro, gettito fiscale di impresa e dei dipendenti per lo Stato, indotto creato dalla rete dei fornitori, spesa sul territorio. Quando muore un’impresa è sempre una piccola catastrofe sociale. Le PMI sono il cuore del Paese, non la finanza, non le banche. Se il cuore non batterà più, il Paese morirà.


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