mercoledì 28 novembre 2012

GRANDE CITT@ - Testimonianza - Otto ore al giorno, quaranta settimanali, per cinquecento euro al mese

Accettare condizioni degradanti pur di avere un’occupazione. Rinunciare alla dignità del lavoro. Spezzarsi la schiena per due lire senza la prospettiva di un futuro. 

Normale?

Dieci anni fa sarebbe stato impensabile, cinque anni fa avrebbe ancora suscitato scandalo. Oggi per molti è “normale”. 
Eppure non è così.

Per questo la redazione ha deciso di raccontare la storia di Giorgio (nome di fantasia), 34enne della Grande Città, che si è rivolto al Sì o No per denunciare un diritto calpestato. Quello del lavoro...

Dopo aver trascorso un periodo all’estero, Giorgio è tornato nel nostro territorio mettendosi subito alla ricerca di un lavoro. Intanto con la sua compagna che ha partorito qualche settimana fa è tornato a vivere insieme ai genitori.

Non ci ha messo molto a trovare lavoro come magazziniere (lo stesso che aveva fatto per anni prima di partire) per una grande multinazionale. Un contratto a tempo determinato. Giorgio è contento, si appassiona, spera in un rinnovo. Che però non arriva: la multinazionale decide di trasferire all’estero gran parte del lavoro e non conferma più nessuno: ad uno ad uno i lavoratori a scadenza vengono lasciati a casa. Un mese fa quindi anche Giorgio si ritrova disoccupato e comincia la trafila comune a molti: la richiesta della disoccupazione, l’invio di curriculum, la ricerca di un nuovo impiego.

Presto, grazie ad un Centro lavoro del nostro territorio ottiene un colloquio presso uno dei tanti centri commerciali della grande distribuzione della Grande Città, sempre per un lavoro come magazziniere, quello che ha sempre fatto. Alle risorse umane, senza mezzi termini, gli dicono di non illudersi: resterà solo per poco, non c’è speranza di rinnovo e per giunta si deve adattare alle condizioni dell’azienda. Lavorerà per soli tre mesi come tirocinante (a 33 anni? Con esperienza? A fare il magazziniere?), dalle 6 del mattino per otto ore, mezz’ora di pausa, senza buoni pasto. Per 500 euro al mese. Esatto, otto ore al giorno, quaranta settimanali per cinquecento euro.

“Mi sono spaccato la schiena per una settimana”, racconta, “arrivando sempre puntuale, facendo il mio lavoro in un clima di terrore, non potevo nemmeno fermarmi per avere un po’ d’acqua: ma si può lavorare così per 500 euro al mese?”. Avrebbe potuto fare come altri colleghi, stare in silenzio, stare alle regole del gioco: ma non è un gioco al massacro? È giusto accettare condizioni così degradanti e per giunta senza alcuna prospettiva di miglioramento? La crisi economica può giustificare il lavoro senza dignità e diritti?

E le istituzioni lo sanno? Il Comune di Assago nei mesi scorsi ha aperto la prima farmacia proprio all’interno di un centro commerciale, da qualche anno l’Amministrazione di Cesano ha trasferito in un altro centro lo sportello polifunzionale “Risparmia tempo”. Speriamo abbiano verificato le condizioni di lavoro di chi è impiegato in negozi e supermercati.

Nessun commento:

Posta un commento