In vista delle ormai imminenti primarie di coalizione del centrosinistra abbiamo incontrato il sindaco Vincenzo D’Avanzo, considerato un esponente moderato che nel corso delle ultime primarie per il segretario del Pd (quindi non quelle di coalizione) aveva sostenuto la linea di Dario Franceschini, che si contrapponeva a Pier Luigi Bersani e Ignazio Marino.
Sindaco, secondo lei funziona il meccanismo delle Primarie?
Ritengo che la democrazia abbia bisogno di meccanismi che le permettano di funzionare efficacemente...
Quando il sistema dei partiti definisce delle regole per consentire alla popolazione di esercitare la sua potestà non solo nel momento conclusivo, cioè quello del voto delle elezioni amministrative, politiche o europee, ma anche durante il processo partecipativo di costruzione di un progetto e di un programma per governare un paese, ritengo che agisca correttamente. Come per ogni cosa, però, bisogna stare attenti alle degenerazioni. Se, infatti, le Primarie diventano solo un modo per portare sulla piazza dei conflitti tutti interni, dei quali sinceramente la gente è stufa di sentire parlare o di vedere, allora quello che potrebbe essere un’occasione positiva si trasforma in un boomerang per tutti i suoi promotori.
Quindi, secondo lei le Primarie, nonostante le nuove regole concordate, non sono la soluzione ai problemi della politica?
Le Primarie sono uno strumento e non certo un fine. Anzi, dirò di più, sono uno dei possibili strumenti e non certamente il solo o il più importante. Perché se, come spesso avviene in questo periodo di qualunquismo, di perbenismo, di populismo, si vuol far credere che il meccanismo delle Primarie sia l’unico percorribile per assicurare il funzionamento del sistema, forse occorre rivedere completamente il senso stesso della politica e del ruolo che deve avere.
Cosa intende per “rivedere il ruolo e il senso della politica”?
Intendo dire che per troppo tempo ci si è concentrati sull’immagine, sull’apparire, su chi e come dovesse essere detta una certa cosa o giustificata una determinata decisione, senza incidere troppo sul consenso popolare. Tutto troppo calibrato sugli aspetti superficiali e, continuando a creare nuovi strati, si è creato uno spessore tale, che non si è più in grado di scavare alla ricerca del senso profondo delle cose. La politica ci ha dimostrato in tanti secoli che le cose grandi sono state fatte quando qualcuno ha avuto il coraggio di innovare, mantenendo dei punti fermi, assicurando che vi sono dei valori imprescindibili dai quali partire, che riguardano l’essere umano, la sua fede in se stesso, negli altri, nel futuro. E per me che sono un cattolico, anche una fede trascendente.
Lei crede veramente che ciò sia possibile, soprattutto oggi, o siamo sul piano dell’utopia?
Se si riparte dai valori, se li si difende ad ogni costo, senza farsi fagocitare dal qualunquismo o dal populismo, si potrà forse perdere qualche battaglia, ma alla fine si uscirà vincitori.
Però, sindaco, alla fine quello che conta è il risultato: c’è chi vince e c’è chi perde. E, anche nella competizione politica, chi arriva secondo tende a scomparire?
Forse è proprio perché ci si è concentrati troppo sul non voler perdere posizioni di prestigio e, purtroppo, anche di privilegio che la politica ha smarrito il suo ruolo guida. Governare una piccola città come Cesano Boscone, così come una Regione come la Lombardia o una nazione come l’Italia non è certamente facile. Però, se si punta molto di più sui talenti, sulle genialità di cui è ricca, storicamente, l’Italia, garantendo una speranza alle persone, senza perdersi in dettagli, credo che si riuscirà ad uscire più forti di prima dal complicato tunnel nel quale ci troviamo.
Dicendo questo, però, sembra che lei non intenda prendere una posizione e che, alla fine, l’unica soluzione plausibile sia un Monti bis.
Quando dico che la politica ha bisogno di persone competenti, preparate e capaci di non raccontare bugie o fare false promesse, non voglio certo dire che l’unica soluzione è un Monti bis. Chi lo evoca in continuazione non vuole forse assumersi fino in fondo la responsabilità difficile, onerosa che lo aspetta. Chi saprà allora meglio affrontare questa sfida? Qualcuno che ha comunque lavorato all’interno del governo favorendo processi di innovazione, capaci di indirizzare il mercato, limitando gli eccessi e l’autoregolazione, sempre dimostratasi impossibile?
Oppure chi, partendo da una bellissima città culla della nostra cultura, come Firenze, mescola il socialismo con il liberismo, facendo credere che l’unica soluzione è azzerare la classe politica per crearne una nuova, senza aver ben chiare le basi sulle quali sostenere le proprie idee? Credo che rispondendo a queste domande le persone possano comprendere la riflessione che mi ha portato a scegliere, tra i tre contendenti, quello che al momento offre più garanzie al Paese: è Pier Luigi Bersani.
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