Gelo e neve non hanno fermato gli elettori lombardi del centrosinistra che si sono recati alle urne in ben 150mila. Meno che alle primarie nazionali, come era scontato che fosse anche grazie ad un numero minore di candidati in corsa e quindi minori aree di consenso a disposizione e alla maggiore risonanza che le “nazionali” avevano avuto. Vince l’avvocato Ambrosoli con il 58% dei voti contro il 23 di Andrea Di Stefano, appoggiato da larga parte di SEL e della Federazione di Sinistra e il 19 di Alessandra Kustermann, l’unica candidata ad avere in tasca la tessera del PD.
PD che ha scelto in larghissima parte il più rassicurante e trasversale Ambrosoli nell’ormai abituale caccia al voto centrista e moderato, caccia che naturalmente lascerà i panieri semivuoti assegnando al vincitore l’improbo compito di raccogliere intorno alla sua persona i voti di sinistra e soprattutto degli astensionisti di sinistra...
Lo aiuterà in questo Andrea Di Stefano reduce da una forte affermazione personale e delle liste che lo hanno appoggiato e garanzia di discontinuità con il passato, naturalmente per chi questa discontinuità netta la vede come elemento positivo. Lo aiuterà anche Alessandra Kustermann, andata probabilmente meno bene di quanto non si aspettasse e che certo non ha raccolto la maggioranza del voto femminile, secondo quella ormai consolidata tradizione per cui non è facile far votare una donna da parte dell’elettorato femminile.
Ambrosoli si è avvalso soprattutto, come dicevamo all’inizio, della sua trasversalità moderata, che ovviamente lascerà del tutto indifferenti, o quasi, i moderati del fronte avverso, che avranno larga possibilità di scelta nell’area di centrodestra tra continuatori formigoniani, innovatori non formigoniani, leghisti di governo, leghisti di assalto pronti a trasformarsi in leghisti di governo, montezemoliani, fans di Oscar Giannino, filofiniani, montiani (caldi, freddi, tiepidi, entusiasti, scettici, malpancisti) e forse perfino nazionalalleati trasformatisi in nazionaldestri e chi più ne ha più ne metta, data l’ampia offerta che il PDL “spacchettato” si appresta a mettere sul mercato politico.
Sorprende, ma non più di tanto, il risultato del professor Di Stefano, segno del permanere di una vasta zona di radicalità nell’ambito dell’area di centrosinistra, stupisce un po’ il risultato della Kustermann inferiore alle previsioni e probabilmente dovuto ad una notorietà un po’ troppo milanocentrica (cosa che ha colpito anche Di Stefano, basti vedere i risultati plebiscitari di alcune province pro Ambrosoli, come quella di Brescia, l’avvocato infatti registra i minori consensi proprio a Milano dove più alta è la percentuale dei suoi avversari).
Alla vittoria di Ambrosoli hanno giovato anche alcuni autorevoli appoggi esterni, prima di tutti quello del sindaco milanese Pisapia (ma il suo braccio destro “storico” Paolo Limonta non lo ha seguito preferendo Di Stefano). Gli ha giovato anche la sua garanzia di legalità anche se va detto che non è un tratto che lo distinguesse dagli altri due candidati che assicuravano identiche garanzie pur non essendo portatori di un cognome “storico” in materia.
Venendo al voto della Grande Città spicca il risultato di Alessandra Kustermann ad Assago dove ottiene il 43,8% dei voti contro il 18% di Di Stefano e il 38 di Ambrosoli. A Buccinasco il 51 va ad Ambrosoli , il 27 alla Kustermann e il 21 a Di Stefano, risultato quasi identico a quello di Corsico mentre a Cesano Boscone Di Stefano tocca il 30% dei consensi, Ambrosoli va poco oltre il 40 e la Kustermann raggiunge il 27%.
Fulvio Scova
Intanto nel centrodestra è caos
Tra spacchettamenti, veti incrociati e ripercussioni delle vicende nazionali sul voto regionale (ma anche viceversa) il caos regna sovrano nel centrodestra. Albertini, e con lui l’ex governatore Formigoni, non pare fare un passo indietro e anzi dichiara con maggiore nettezza la sua propensione filomontiana e la sua contrarietà ad una rinnovata leadership di Berlusconi.
La Lega e Maroni, indisponibili anch’essi ad accettare una leadership berlusconiana (il che per restare in Lombardia, manda su tutte le furie Mariastella Gelmini), ribadiscono di non voler fare un passo indietro e che accetteranno appoggi solo da chi accetterà le loro condizioni; Berlusconi minaccia in caso di mancato accordo di far saltare le giunte piemontese e veneta e ne riceve come risposte frasi di compatimento se non proprio sberleffi.
Allo stato delle cose, ma sappiamo quanto da queste parti esse siano mutevoli “qual piuma al vento”, il centrodestra potrebbe scendere in campo addirittura con tre candidati: una imprecisata del PDL ufficiale berlusconiano, quella di Albertini e infine quella di Maroni. Intanto la messa sotto accusa di 40 consiglieri (manca solo Ali Babà) di maggioranza per le spese folli nella gestione del denaro pubblico non aiutano nella ricerca di consenso. Naturalmente tutti si sono affrettati a dichiarare che i personaggi coinvolti in una vicenda che sarebbe quasi comica (se non fosse vergognosa) a guardare le voci delle note spese (aeroplanini di carta, caffè e brioche, cioccolatini) non saranno ricandidati.
Naturalmente solo se saranno condannati dopo il trecentesimo grado di giudizio, hanno tutto il tempo di aspettare quello Universale.
Fulvio Scova
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