giovedì 24 gennaio 2013

Ciao Fulvio. (da Maria)

Fulvio, ti sembrerà strano, ma questa sera mi mancano le parole. 
Mi mancano le battute che per me erano sempre troppo poche. Mi mancano per scrivere l’articolo più difficile, quello che né io né te siamo mai stati capaci di scrivere (i sentimentalismi non facevano parte del tuo vocabolario, e poco anche del mio). Eppure devo. Anche se non so a chi mandare il pezzo, non c’è nessuno che saprà riconoscere la passione o al contrario la poca sintonia con un certo argomento o un certo personaggio...

Non ti scriverò dei bielorussi, né delle donne. Ti scriverò solo della tua irriverenza, della tua ironia, della tua cultura, della lucidità con cui mi spiegavi e cercavi di farmi capire i meccanismi della politica della Grande Città, ma anche del mondo intero. Con i tuoi ricordi, le analisi, i grandi temi e la tua storia, i viaggi che con Tiziana hai fatto e ogni tanto ti piaceva raccontarmi.

È impossibile, te ne sei andato all’improvviso. Ma solo dopo aver chiuso il giornale, non poteva che essere così, era il tuo dovere, il tuo giornale. E a casa ti aspettava la tua Inter da guardare con tuo figlio.

Non so che dire, i ricordi si accavallano, dal primo colloquio per cominciare a collaborare con il giornale alle tante riunioni di redazione, le nostre lunghe discussioni, sempre stimolanti, mai banali. Quelle degli altri spesso invece ci annoiavano ma ci rendevano complici. Ti ricorderò così, con quel tuo mezzo sorriso sempre venato di ironia. Ciao Fulvio

Maria

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